Allinsegna del viaggio più segreto, dentro spazio e tempi quotidiani e fuori da essi per un contatto col mondo esterno che risulta sempre introiettato; verso lalto e dallalto abbracciando ciò che si vede e che si scopre piano tornando giù, come nellopera di Cucchi, gli artisti rappresentati dalla multipla esposizione del MACRO offrono al pubblico una visione sfaccettata ma compatta di un territorio intimo. Con una ricca dotazione documentaria, fotografica e installativa, attraverso opere storiche e opere sorprendenti, si compie lidea di unarte come sguardo sul mondo e come introspezione, cattura dellimmagine del corpo e degli oggetti, dellambiente intorno a sé, e ritorno allo specchio. Il miracolo dei curatori è stato riuscire a dare anima di percorso emotivamente omogeneo a cinque esposizioni assai diverse per appartenere alcune al «passato contemporaneo» degli anni settanta, altre alloggi dei giovani artisti e curatori romani con la rassegna Roommates-coinquilini. Si procede dalle cassettiere contenenti le foto di Oscar Savio (Padova 1912-Roma 2005), con architetture moderne esaltate da uno sguardo metafisico, capace di rendere assoluti prospettive minori e particolari geometrici, per finire con la torre nera del Costume interiore di Cucchi, che invita a percorrere le viscere di un corpo architettonico e umanissimo al tempo stesso, quello dellartista e del proprio immaginario. Nel mezzo, un omaggio alla curatrice Graziella Lonardi Bontempo propone foto e documenti di mostre che tra il 1970 e il 1973 segnavano una nuova via di crescita comune di arte e critica, oggi ribadita dal ciclo di mostre che in questoccasione ospita Valentino Diego e Pietro Ruffo. I due artisti con-vivono in un unico ambiente (Roommates, a cura di S. Vedovotto e I. Marotta) e l0o fanno luno con una griglia scultorea formata da telai di bicicletta diventati tela di ragno di un assaggio di routine incessante eppure poetica, laltro con residui contemporanei e forme millenarie. Ma, a proposito di poesia, The blue carpet dei russi Ilya ed Emilia Kabakov, merita una tappa attenta: un ampio tappeto azzurro e, ai suoi margini, tante piccole opere incorniciate, originariamente illustrazioni di libri per bambini.
«Nessuno lo sa, ma più di ogni altra cosa mi piace sdraiarmi sul pavimento», dice Ilya Kabakov, che tra gli oggetti più minuti si sente un gigante.MACROradici del contemporaneo. MACRO, via Reggio Emilia 54, martedì-domenica 9-19.
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