Pierangelo Maurizio
da Napoli
Non bastava lo scioglimento dei consigli comunali e, per la prima volta, di una Asl, la Napoli 4, per infiltrazioni camorristiche. Non bastava la «questione morale» sollevata da destra e da sinistra. Sulla giunta regionale del presidente Antonio Bassolino si abbatte l’accusa di totale inefficienza proprio sul terreno che al governatore è più caro: il fare, la capacità di cambiare volto a questo pezzo di Mezzogiorno. La Campania, con un tasso del 38 per cento di giovani disoccupati, non è in grado di spendere i «fondi strutturali» dell’Unione europea destinati alle regioni dell’Obiettivo 1, cioè le regioni con ritardi nello sviluppo. «Alla giunta Bassolino dò un 4»: la stroncatura non viene da An, da Forza Italia o dall’Udc, ma dal segretario regionale della Cisl, Pietro Cerrito. Una bocciatura totale, come spiega, «per non aver saputo cogliere questa occasione».
Dunque, senza perdersi tra «Autorità di gestione», «Responsabili di misura», commissioni, sigle e acronimi, ecco come sono stati «sprecati» quasi sei miliardi. Per il 2000-2006 l’Unione europea ha destinato 32 miliardi di euro alle regioni dell’Obiettivo 1. Le quali per poter disporre di questa manna devono presentare i relativi impegni di spesa entro il 31 dicembre del 2006. «Alla Campania spettano 7,7 miliardi (ndr, oltre 15mila miliardi delle vecchie lire). Al 30 giugno di quest’anno la Regione ne ha impegnati la metà e ne ha spesi 2,2 miliardi, il 28 per cento» scuote la testa Pietro Cerrito: «Peggio di noi ha fatto solo la Sicilia con il 46 per cento di impegni e il 25 di spesa».
Insomma a conti fatti il «Rinascimento» di Bassolino è un’invenzione. Ancora più interessanti, per capire quali sono i meccanismi del sistema di potere nella Campania rossa, sono i motivi del fallimento: un mix di clientelismo e di demagogia. «La prima causa» spiega il segretario della Cisl, «è che si è privilegiata la logica della distribuzione a pioggia delle risorse». In pratica che cos’è successo? «Che alla fine del 2001 Bassolino ha incontrato i presidenti delle Province, e si è detto sì a tutto e a tutti».
Così, orientando l’occhio più alle urne e al consenso che allo sviluppo della regione, sono nati ben 52 Pit (Progetti integrati territoriali), uno per ogni desiderata di sindaci, presidenti di Provincia, assessori. Nati sulla carta, chiaro: ai 52 Pit è stato assegnato il 44 per cento dei fondi europei, con una dote che va dai 60 ai 140 miliardi di vecchie lire ciascuno, ma finora non ne è stato realizzato uno. Si va ad esempio dal Pit per la costruzione dell’Auditorium di Ravello al Pit di Pietrelcina (soldi agli albergatori), la patria di Padre Pio, ennesimo miracolo nel nome del Santo. «Ma non sono certo queste le priorità della Campania» avanza la facile obiezione Pietro Cerrito.
In generale si è seguita la cara, vecchia consuetudine di utilizzare fondi straordinari per opere ordinarie, ponti, strade, viadotti, eccetera. In Campania hanno fatto esattamente il contrario di quanto prevede la «filosofia» degli aiuti Ue. «Inutile fare una strada se attorno non attiro insediamenti produttivi» esemplifica il sindacalista: «I Pit devono essere progetti d’insieme, di rottura rispetto alla situazione economica di una zona, che comprendano sviluppo di infrastrutture, attività manifatturiera, turistica e agricoltura. Ed è sulla capacità di legare con un nesso tutti gli interventi che si giocherà la distribuzione dei fondi europei per il 2007-2013».
A uscire malconcia è proprio l’intera esperienza amministrativa del centrosinistra. «Da 15 anni manca un piano generale per lo sviluppo regionale» infierisce Pietro Cerrito. E, auditorium e alberghi per i pellegrini a parte, quali interventi con i fondi Ue sono stati previsti per le piccole e medie imprese? «Praticamente, a parte il sostegno per l’internazionalizzazione dei prodotti, non è stato fatto nulla».
E cosa si è fatto per l’occupazione? «Anche qui la Regione ha tardato molto. Un primo passo è stato l’accordo per l’inserimento formativo nelle aziende, 10mila nuove assunzioni. Ma manca ancora il tassello più importante, la legge regionale sull’apprendistato professionalizzante».
Pietro Cerrito fa una sola eccezione. «Dò 8 all’utilizzo dei fondi per i trasporti, superiore alla media di tutto il Mezzogiorno, il vero fiore all’occhiello della Campania. È stato possibile perché erano giunte a maturazione le progettazioni di grandi opere su ferro, avviate negli anni passati. Ma merito soprattutto dell’assessore, uno che ha testa». Risultati più che positivi, almeno su questo versante, ma che lasciano l’amaro in bocca: la realizzazione parziale del sistema metropolitano regionale, da sola, ha fatto crescere il Pil della Campania del 1,2 per cento e l’occupazione nel settore delle costruzioni del 2,6.
pierangelo.maurizio@alice.it 13. Continua
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