Citigroup e Bank of America bocciate agli stress test

Citigroup e Bank of America non avrebbero superato lo stress test cui sono state sottoposte, insieme con altre 17 banche Usa, dalla Federal Reserve per verificarne la solidità in caso di deterioramento congiunturale. La prova sotto sforzo, secondo quanto anticipato ieri dal Wall Street Journal, ha rivelato l’urgenza di rafforzarne ulteriormente il capitale, nonostante i 45 miliardi di dollari di aiuti federali già incamerati da ciascuno dei due istituti nei mesi scorsi.
Se confermata, la notizia non è certo di quelle buone, come peraltro si è visto ieri a Wall Street, dove Citi ha incassato un -5,86% e Bofa un - 8,97%. La necessità di reperire mezzi freschi rivela uno stato di salute ancora precario, e rende ancor più fragile la posizione già traballante dei vertici dei due gruppi. Su Vikram Pandit, ad di Citi, sono circolate già la scorsa settimane voci di una possibile rimozione da parte dell’amministrazione Obama. Dopo il numero uno di General Motors, Rick Wagoner, Pandit sarebbe la seconda vittima eccellente della risolutezza con cui la Casa Bianca sta affrontando la crisi. Quanto all’ad di Bofa Ken Lewis, il più grande fondo pensione Usa, Calpers (in portafoglio ha oltre 22 milioni di azioni della banca), ha intenzione di votare all’assemblea di oggi contro la sua rielezione e contro quella dell’intero bord per non aver rivelato ai soci l’ammontare delle perdite di Merrill Lynch al momento dell’acquisizione. Nei giorni scorsi, Lewis si era difeso dalle accuse di aver tenuto nascosto il «rosso» nei conti di Citi chiamando in causa il segretario al Tesoro, Tim Geithner, e il presidente della Fed, Ben Bernanke. Entrambi gli avrebbero imposto il silenzio per non far naufragare la fusione ed evitare dunque un secondo choc ai mercati dopo quello provocato dal fallimento di Lehman Brothers.
Le indiscrezione sull’esito degli stress test non sono state commentate da Bofa, che secondo Fbr Capital deve tuttavia raccogliere tra i 60 e i 70 miliardi se vuole mantenere sopra il 3%, alla fine del 2010, il Tce ratio, ovvero il parametro con cui si misura la solidità di una banca. Il Tce esprime infatti quanto riceverebbero gli azionisti ordinari (esclusi quindi i possessori di privilegiate) in caso di default. A questo proposito, Fbr consiglia la rapida conversione di 27 miliardi di titoli privilegiati in ordinarie.
Citi ha invece precisato in una nota che «finché i risultati dello stress test non saranno resi pubblici (l’appuntamento è previsto per il prossimo 4 maggio, ndr), le nostre autorità di controllo hanno proibito a tutte le istituzioni finanziarie, compresa Citigroup, di rilasciare commenti in merito allo stress test». Il gruppo ritiene inoltre di essere solido sotto il profilo patrimoniale e ricorda di aver già annunciato una conversione di titoli con l’obiettivo di rafforzare i ratios patrimoniali «secondo il più severo metodo Tce». Alcune fonti interne all’istituto interpellate da Reuters hanno inoltre precisato che se anche Citi si trovasse nelle condizioni di reperire risorse fresche non si servirebbe dell’aiuto federale.
Se la situazione nel settore del credito non sembra dunque ancora normalizzata, i segni di rallentamento della crisi cominciano a intravedersi anche nel settore immobiliare. I prezzi delle case sono scesi in febbraio del 2,2% rispetto al mese prima.

È la prima volta in sedici mesi che il dato non fa segnare un nuovo record negativo. La fiducia dei consumatori è inoltre salita in aprile ai massimi del 2009 (a quota 39,2 dai 26,9 punti di marzo), con l’incremento mensile più elevato dal novembre 2005.

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