
Carabiniere ucciso a Francavilla Fontana. Proseguono le indagini della Procura di Taranto sulla morte di Michele Mastropietro, il bandito che ha assassinato il brigadiere capo Carlo Legrottaglie. L'intera area dello scontro a fuoco con i «falchi» della squadra mobile è stata setacciata ieri con metal detector e cani molecolari alla ricerca di bossoli e ogive esplosi sia dai due criminali in fuga sia dagli agenti. Gli stessi iscritti sul registro degli indagati anche se, per ora, non sono sospesi dal servizio e costretti a consegnare placca e arma d'ordinanza.
Un atto dovuto, sì, ma che provoca reazioni durissime da parte dei sindacati di polizia. Tanto da lanciare una raccolta fondi per le spese legali da sostenere. Il pm titolare delle indagini, intanto, ha disposto l'autopsia sul cadavere di Mastropietro, colpito da un proiettile che è passato da parte a parte. Ecco il punto. Non è chiaro quale sia il foro di entrata e quello di uscita, in sostanza se l'uomo è stato «attinto» frontalmente o alle spalle. L'ogiva, dal primo esame medico legale, non è stata ritenuta dal corpo, quindi sarà difficile stabilire con certezza con quale arma sia stato colpito. L'uomo, secondo le dichiarazioni degli agenti, avrebbe esploso tutti i proiettili nel caricatore della sua Beretta 9x21 tanto da cercare di sostituirlo durante lo scontro con l'agente. Ferito, l'uomo si sarebbe accasciato a terra. E a questo punto non è certo se sia partito o meno un colpo, l'ultimo della sua stessa pistola.
Di fatto, mentre un poliziotto è impegnato con la cattura di Camillo Giannattasio, Mastropietro, ferito a un braccio nella sparatoria con i carabinieri, si fa arrestare. Viene fotografato seduto, sanguinante ma ancora vivo, con le mani dietro la schiena bloccate dalla manette. La pistola a terra, scarrellata e con il caricatore estratto a poca distanza. Gli agenti tamponano la ferita in attesa dei soccorsi, che tardano. L'ambulanza arriva sul luogo della sparatoria 50 minuti dopo la chiamata. A quel punto Mastropietro è già morto, probabilmente dissanguato.
Nei campi attorno ci sono delle donne intente a raccogliere ortaggi. «Abbiamo sentito spari da tutte le parti. Non sappiamo quanti ma ricordiamo che erano suoni differenti», mettono a verbale. La presenza di campi coltivati a grano rende difficili le ricerche, i metal detector suonano di continuo. E oggi l'area verrà completamente falciata per facilitare i rilevamenti. Ma gli agenti indagati, adesso, hanno paura. Temono ritorsioni dalla mala vicina a Mastropietro. Paradossalmente i loro nomi e indirizzi di residenza compaiono sugli atti giudiziari, gli stessi su cui è iscritto Giannattasio e, come parte civile, la famiglia di Mastropietro. «I colleghi - spiega Fabio Conestà del Mosap - sono intervenuti fronteggiando soggetti armati in un conflitto a fuoco in cui hanno rischiato la vita per difendere la collettività. Oggi si trovano indagati. Una procedura formalmente dovuta, ma che comporta per loro un pesante fardello umano e professionale.
Spese legali e peritali ingenti, il blocco della carriera e potenziali ripercussioni disciplinari. Abbiamo deciso di promuovere una campagna di solidarietà. Il link per la donazione è https://www.gofundme.com/f/sostegno-per-spese-legali-poliziotti-indagati-a-grottaglie