La città del futuro sarà in una grande sfera

Roberto Bonizzi

Una sfera, la città ideale. Il progetto dell’architetto Guglielmo Mozzoni diventa realtà e viene esposto nella sala del Tesoro al Castello Sforzesco da lunedì prossimo fino al 13 marzo. Un edificio sferico concepito per 25mila abitanti, con un diametro di 240 metri, composto in totale da 12 piani. Niente scale, i gradini sostituiti da rampe con inclinazione al 6 per cento, per eliminare problemi di mobilità ai disabili, verde, giardini e collegamenti veloci con i mezzi di trasporto pubblici al resto della città. Il modello, realizzato in scala da Mozzoni insieme all’ingegnere Giorgio Borré, sarebbe ideale per resistere a qualsiasi sisma e, soprattutto, sarebbe «immediatamente realizzabile - confermano i tecnici -. E i costi non sarebbero nemmeno elevatissimi. Li abbiamo calcolati in 1,35 miliardi di euro: 50mila euro per ogni persona. Se pensiamo che la Freedom Tower in progettazione a New York costerà 2 miliardi di euro, ma avrà una capacità abitativa meno elevata con una spesa per persona quasi tripla rispetto alla “Città ideale”: 135mila euro».
A patrocinare la manifestazione l’assessore alla Cultura di Palazzo Marino, Stefano Zecchi. «La città ideale è quella che si pensa, e quindi l’architetto dev’essere prima di tutto un filosofo. Fino agli anni Novanta il bello e il concetto di bellezza erano considerati tabù, perché antimoderni. Oggi, invece, assistiamo a un’inversione di tendenza, quindi pensare e proporre una città ideale è una vera e propria rivoluzione». Rivoluzione portata avanti dal 91enne Guglielmo Mozzoni che tratteggia le caratteristiche della sua «Città ideale»: «La mia è una proposta concreta, realizzabile anche domani mattina se si trovassero i terreni, gli investitori e delle istituzioni pronte ad ascoltare. Il termine ideale indica il tentativo di raggiungere la perfezione. In un’epoca in cui si tende a sfruttare ogni spazio disponibile del centro città, rendendo abitabili anche i sottotetti, io penso a costruire il mio modello in periferia. Anche a Milano, negli spazi comunali al limite della cerchia urbana, collegata con mezzi pubblici veloci al centro storico, che verrebbe a configurarsi come una “passeggiata archeologica”».
Nel nuovo modello di città ci sarebbe posto anche per un’idea diversa della politica. «Il progetto di Mozzoni - analizza Giorgio Galli - fa fatica a realizzarsi e a trovare spazio anche per colpa della politica, che è vecchia. La democrazia attuale è in crisi e servirebbe la telematica per far partecipare maggiormente i cittadini alle scelte. Ci sono risorse, anche ingenti, per gestire il vecchio modello di concepire la politica, pensiamo solo alle campagne elettorali. Ma non si trovano fondi per introdurre la telematica come strumento di partecipazione globale».
Punta il dito contro gli architetti, Vittorio Sgarbi, denunciando «le brutture e le mostruosità apportate nelle nostre città negli ultimi decenni. Il problema è di fondo - spiega il critico -. Gli architetti considerano gli uomini come numeri, macchine, ingranaggi dell’economia e della produzione. La proposta di Mozzoni è grandiosa, basta pensare all’immenso lavoro che ha fatto con sua moglie Giulia Maria Crespi e il Fai.

Semplicemente recuperando e valorizzando quello che è il grande patrimonio artistico del nostro Paese. Senza inventare nulla e con pochissime spese. La “Città ideale” è l’unica possibile, ma non viene realizzata per le mancanze degli uomini».

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