La città sotterranea dove vivono i cinesi

Giorno dopo giorno si scopre l'estensione della misera e lurida città che cinesi senza scrupoli hanno realizzato nell'area sotterranea di Chinatown e dintorni. Dormitori angusti realizzati nelle cantine - non vi ricovereremmo nemmeno un cane - laboratori disumani, senza luce e senza spazio sufficiente per gli schiavi che vi lavorano.
Qui gli immigrati - molti sono clandestini - vivono come topi, sfruttati per un giaciglio e per una fatica che non può definirsi lavoro. A sfruttarli sono quasi sempre dei loro connazionali, a conferma della regola storica per la quale gli immigrati, specie se irregolari, sono taglieggiati da chi li ha preceduti nella nuova terra.
È positivo che le forze dell'ordine e la polizia urbana stiano concentrando la loro attenzione su questo fenomeno, su sofferenza e schiavitù che si espandono nella città che non si vede, situazioni che offendono tutti e che favoriscono la mancata integrazione di tanti cinesi. Ma che esito avranno queste operazioni di polizia?
I sequestri delle cantine e degli immobili fatiscenti, le denunce degli sfruttatori a che cosa porteranno? Come succede anche per altre azioni di contrasto all'illegalità e alla criminalità diffusa, all'attività delle forze dell'ordine non seguono pronte sanzioni e pene certe. Gli sforzi delle polizie troppo spesso si trasformano in faldoni, incartamenti giudiziari destinati a un lungo sonno.


E che fine fanno i clandestini? Espulsi con pezzi di carta, liberi di fatto di sciamare per tutto il Paese? Milano non conosce i record negativi di altri distretti giudiziari, ma comunque la risposta di talune istituzioni è inadeguata alle esigenze poste dalle grandi migrazioni che stanno sconvolgendo l'Europa.

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