Quando si parla di controlli fiscali, la sensazione che si ingenera nei contribuenti è quella che non esista alcun limite a frenare gli enti e le autorità nelle loro verifiche: la realtà è ben diversa da quella percepita, e la possibilità di indagare su conti correnti e tenore di vita è sempre vincolata a determinate situazioni ben definite, dal momento che deve sussistere un equilibrio tra l'interesse pubblico e il diritto alla riservatezza dei cittadini.
E proprio quando si parla di conti correnti quest'ultimo punto è di fondamentale importanza: ogni informazione bancaria, che si parli di saldo, movimenti o giacenza è tutelata da un segreto contrattuale che può essere scardinato solo in conseguenza di provvedimenti specifici emessi dalle autorità competenti. Ciò significa, in sostanza che l'Agenzia delle Entrate o la guardia di finanza, erroneamente considerate entità al di sopra di ogni regolamento per quanto concerne i controlli fiscali, devono rispettare determinati paletti.
Se il Fisco consulta l'Anagrafe dei Rapporti Finanziari ciò non significa che da quel momento in poi avrà libero e perenne accesso ai dati del contribuente posto sotto controllo, ma solo che si sono venute a creare le condizioni richieste per effettuare una verifica più approfondita: ciò accade, ad esempio, quando emergono chiari segnali di incongruità tra quanto dichiarato dal cittadino e il suo reale tenore di vita, nel caso in cui vengano rilevati elementi di rischio o qualora sia necessario un approfondimento di indagine in pratiche di controllo già avviate. Deve sempre e comunque sussistere un equilibrio tra interesse pubblico e riservatezza, per cui le chiavi di accesso ai dati fiscali vengono consegnate all'amministrazione finanziaria con tempistiche e modalità di indagine limitate alla specifica necessità di verifica.
Come l'Agenzia delle Entrate così anche la guardia di finanza deve muoversi lungo un binario preciso: l'accesso ai conti correnti e ai dati fiscali dei contribuenti deve avere alla base una solida esigenza investigativa, l'unica che può motivare la richiesta di verifiche fiscali approfondite. Neppure gli enti locali come Regioni e Comuni, che di recente si sono visti riconoscere strumenti di controllo più solidi rispetto al passato con tanto di possibilità di accedere alle banche dati fiscali, hanno totale libertà di azione, anzi. La consultazione di determinati dati fiscali, conti correnti inclusi, è finalizzata esclusivamente all'accertamento e alla riscossione delle imposte che rispettivamente competono a ciascun ente, senza possibilità di varcare tali limiti.
Laddove, invece, si parla di creditori privati, il discorso cambia totalmente: a nessuno di essi è concessa la facoltà di effettuare indagini fiscali di alcun genere nei confronti di un debitore, ma solo quella di inoltrare una richiesta nelle sedi opportune.
In presenza di una sentenza o un decreto ingiuntivo si sblocca tale facoltà, ma esclusivamente all'interno del procedimento avviato: in questo caso il creditore può chiedere al giudice di consultare l'Anagrafe dei Rapporti Finanziari per poter eventualmente rifarsi col debitore mediante pignoramento.