Il Colle accusa il Giornale e smentisce la vittima Br Sallusti: "Ha sbagliato"

Napolitano denuncia il "tono aggressivo" usato nell’intervista al familiare di un brigadiere assassinato. Sallusti sorpreso: "Ha sbagliato destinatario"

Il Colle accusa il Giornale 
e smentisce la vittima Br  
Sallusti: "Ha sbagliato"

Roma - Al Quirinale la nostra intervista a Potito Perruggini, nipote di Giuseppe Ciotta, brigadiere ucciso a Torino dai terroristi rossi il 12 marzo del 1977, proprio non è andata giù. «Noi vittime delle Br snobbate da Napolitano» era il titolo di un articolo in cui il familiare lamentava il modo in cui il Quirinale ha gestito la cerimonia del 9 maggio, giorno dedicato al ricordo delle vittime del terrorismo. La recriminazione di Perruggini: «Nel 2009 eravamo in 300 ma nessuno ha potuto stringere la mano al capo dello Stato, eccezion fatta per un ristretto gruppo tra cui le vedove Calabresi e Pinelli».

Un’accusa che il Colle, in serata, ha voluto respingere al mittente vergando una nota al peperoncino contro il Giornale. «Il presidente Napolitano - si legge nella nota - si è notoriamente impegnato per favorire l’adozione della legge con cui si è istituita il “Giorno della memoria per le vittime del terrorismo”; ha per la prima volta promosso in Quirinale incontri con i familiari delle vittime. Non si giustifica perciò il tono aggressivo che il Giornale ha inteso far suo».
Una bacchettata stupefacente perché, come dichiara alle principali agenzie di stampa il direttore del Giornale Alessandro Sallusti «il Colle ha forse sbagliato destinatario. Noi abbiamo dato voce a un parente di una vittima del terrorismo e non credo che menta. Comunque - precisa Sallusti - diamo conto delle affermazioni del Quirinale ma non siamo parte in causa. Abbiamo fatto solo da tramite». E ancora: «Credo che ogni parente delle vittime del terrorismo abbia titolo a parlare, e a esprimersi anche con durezza, se lo ritiene. Abbiamo riportato la lamentela di una persona che si è sentita discriminata dal Quirinale - continua il direttore - evidentemente il capo dello Stato e Perruggini hanno una percezione diversa di come siano andate le cose. Napolitano ritiene di aver messo a suo agio i parenti delle vittime, e Perruggini no».

Infatti Perruggini, ricontattato in serata, conferma la sua versione dei fatti e ribadisce di essere rimasto deluso dal fatto che nel 2009 non ha potuto, assieme a tanti altri familiari delle vittime del terrorismo, stringere la mano al capo dello Stato. «In quella occasione i familiari delle vittime hanno fatto da tappezzeria alla stretta di mano tra il presidente e le vedove Pinelli e Calabresi». E ancora: «Agli inizi del 2010 scrissi pure una lettera a Luciano Violante, che mi ha poi ricevuto, e una a Gianni Letta, che mi ha risposto». L’anno scorso, invece, la consegna dell’onorificenza è stata di fatto decentrata, delegando la cerimonia alle prefetture sparse per il territorio nazionale. Da qui il sentimento di frustrazione di Perruggini che al Giornale ha dichiarato: «Poteva essere un’occasione importante anche simbolicamente per ricordare quanto sangue è stato versato per sconfiggere il terrorismo. Invece nei giorni successivi c’è stata la consegna decentrata, in una ventina di città, dell’onorificenza. Quasi sempre con modalità che molti hanno percepito come offensive». E ancora: «Napolitano ha ragione sull’incapacità delle istituzioni di trasmettere un messaggio culturalmente forte su ciò che sono stati gli anni ’70 in Italia ma le istituzioni sono rappresentate anche dal Quirinale. È soprattutto su questo punto che mi aspetto un chiarimento».

Parole del nipote del brigadiere Ciotta che poi s’è fatto megafono del sentimento di altri familiari delle vittime del terrorismo: «Confidiamo nell’estradizione di Battisti - ha detto - anche perché qualcuno di noi ha proposto di boicottare il prossimo 9 maggio se non tornerà in Italia. Non vogliamo vendetta ma soltanto giustizia. Da chi è scappato, e da chi è uscito presto dal carcere per gli sconti di pena, vorremmo solo la verità su quegli anni. L’ha detto Giovanni Paolo II: non c’è giustizia senza verità». Parole che ci paiono di buon senso e non certo «aggressive» come imputato dal Quirinale.

Tanto che il direttore Sallusti sgrana gli occhi: «Mi sarei aspettato una reazione dal Colle più nei giorni scorsi per altri articoli che ha pubblicato il Giornale. Questa di oggi, francamente, è la meno attesa delle contestazioni».

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