Francesco Damato
Di fronte alla pur gratificante prospettiva di una rielezione, che sarebbe peraltro la prima in sessantanni di storia della Repubblica italiana, comprendo le resistenze o addirittura la «irrevocabile indisponibilità» di Carlo Azeglio Ciampi, anticipata dal suo estimatore ed amico Eugenio Scalfari. Il quale ha continuato a frequentare con una certa assiduità lex governatore della Banca dItalia anche al Quirinale.
Non penso tuttavia che le resistenze di Ciampi alla rielezione offerta o auspicata da esponenti e gruppi di entrambi gli schieramenti che hanno appena finito di contendersi il governo del Paese in una durissima campagna elettorale siano soltanto, o prevalentemente, di natura anagrafica. E neppure di stile, diciamo così, istituzionale. Come pure si sarebbe portati a credere leggendo le confidenze del capo dello Stato che il «quirinalista» del Corriere della Sera Marzio Breda ha raccolto poco prima delle elezioni ed ha pubblicato, sia pure come «libera ricostruzione di un incontro privato», proprio ora. Cioè alla vigilia dellinsediamento delle Camere e della loro convocazione, entro i quindici giorni successivi, per lelezione del nuovo capo dello Stato, o per la conferma di quello arrivato alla scadenza del suo mandato.
«Per fortuna - ha detto, fra laltro, Ciampi - lanagrafe è dalla mia parte e in un certo senso scongiura leventualità di una riconferma. E poi, sono convinto che sette anni quassù siano già tanti. Raddoppiarli significherebbe... sì, forse, una specie di monarchia repubblicana». Lo stesso cronista del Corriere tuttavia, quasi prevedendo limbarazzo che queste parole avrebbero potuto provocare, ha raccontato che «qualcuno dello staff si avventura ad azzardare in camera caritatis» che il presidente «potrebbe forse lasciarsi convincere se il sacrificio gli venisse chiesto da un fronte trasversale e bipartisan», evidentemente in modo ancora più ampio, chiaro e soprattutto sincero di quanto non sia già avvenuto. Quel «qualcuno» mi ha fatto naturalmente venire in mente, a torto o a ragione, linfaticabile e influentissimo segretario generale del Quirinale Gaetano Gifuni, che peraltro in caso di rielezione di Ciampi potrebbe non raddoppiare ma triplicare il proprio incarico, avendolo svolto anche durante il settennato di Oscar Luigi Scalfaro, spero con un po di sofferenza, visto il cattivo ricordo che ne serbo.
No. Più che dagli anni, peraltro magnificamente portati, sospetto che Ciampi sia trattenuto dal poco incoraggiante scenario politico che Romano Prodi ha mostrato di volere imprudentemente costruire dopo avere vinto per il classico rotto della cuffia le elezioni del 9 e 10 aprile: uno scenario che quanto più si rivelerà azzardato e precario tanto più potrà mettere a disagio il presidente della Repubblica. Già Prodi ha inelegantemente premuto su Ciampi per accelerare i tempi del conferimento dellincarico di presidente del Consiglio. Poi ha sprezzantemente respinto lipotesi prospettata da Silvio Berlusconi di «larghe intese».
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