Colossella, la bufala delle bufale regionali

È la bufala delle bufale. Anzi, più propriamente, è la clamorosa bufala della mozzarella di bufala. Mica un gioco linguistico, ma un vero e proprio capolavoro di propaganda targato Piero Marrazzo: a dicembre del 2008 l’ex presidente della Regione presentava «Colossella», la compiuta appendice casearia della Regione, il frutto edibile di un consorzio nato per garantire qualità certificata ai prodotti locali. «Si potrà gustare dall’11 dicembre», titolavano i giornali di allora. «È un’iniziativa che sento mia, abbiamo lavorato molto e le prime mozzarelle sono già in vendita a Roma e in provincia», rimarcava il governatore.
Di più: entro la fine del 2009, dunque nemmeno due mesi fa, la gamma di Colossella si sarebbe arricchita con una serie di formaggi stagionati, per creare una vera e propria linea di derivati del latte garantiti da via Cristoforo Colombo. Peccato che nei supermercati di questi prodotti non si sia avuta traccia. Peccato che, dopo una fugace apparizione, anche la Colossella madre sia tornata nel recinto, senza creare particolare scompiglio tra i consumatori. Insomma, è stata una bufala in piena regola. «Dopo tante bufale, intese in senso allegorico, lanciate da Marrazzo ai cittadini amministrati e tartassati - commenta il consigliere regionale del Pdl Fabio Desideri - questa della mozzarella è la bufala per eccellenza, l’ennesima, “gustosissima”, trovata di propaganda».
Per capire l’inghippo riavvolgiamo il nastro, ritorniamo alla fonte. Leggiamo sui documenti ufficiali dell’assessorato all’Agricoltura della Regione: «La mozzarella di latte di bufala Colossella è distribuita in 58 supermercati delle catene Gros (punti vendita Pim e Sir) e Gruppo Mercurio (punti vendita Sidis e Ser Franco)». Bene, da quanto potuto verificare tramite segnalazioni dirette e indirette, il prodotto ha avuto vita breve, è durato una manciata di settimane. Non resta che la prova del nove, visitare di persona alcuni di questi negozi e chiedere al personale e ai clienti quale sia stato l’impatto di Colossella sulle loro tavole. «L’abbiamo avuta per un breve periodo - ci dice l’addetto al bancone della Sidis di via Prospero Alpino, zona Garbatella - ma poi nulla più. È stato tanto tempo fa, a un certo punto hanno smesso di inviarcela, non so perché». Intanto, tutto intorno, è un florilegio di ovoline, bocconcini, fiordilatte e altre tentazioni provenienti dalla Campania o dal Gran Sasso, da Bojano come da Caserta, ma dell’orgoglio bufalino marrazziano nessuna traccia.
Ci spostiamo in via Tito, in un enorme punto vendita Sir dietro la sagoma della basilica di San Paolo. Qua ci sarà di sicuro. E invece ci sono decine e decine di varietà di mozzarelle freschissime e a lunga conservazione. Colossella è l’unica grande assente dagli scaffali. «Me la ricordo - ci rassicura Maria Antonietta Ortolani, 46 anni, impiegata - ma sinceramente non l’ho mai comprata. E poi quel nome mi pare pure un po’ ridicolo». Insomma, un successone.
Stesso copione in via La Spezia, da Ser Franco: anche qui non ce l’hanno. Forse, addirittura, non l’hanno mai avuta. «O almeno così mi sembra. Ma che è uno scherzo? Lei chi è? Cosa vuole?», ci apostrofa una cliente nervosa. All’esterno, nella via soffocata dai cantieri della metropolitana, non c’è un passante che di Colossella abbia memoria. Così è pure in piazza dell’Indipendenza, ancora un Sir, oppure nei dintorni del Pim di via Biolchini, a Portuense. «È bene - aggiunge Desideri - che i cittadini sappiano tutto ciò, perché la bufala di Marrazzo è l’emblema, il simbolo molliccio e pallido di come il centrosinistra gestisce la cosa pubblica: zero densità, zero concretezza e zero risposte reali ai cittadini».

Alla fine uno spiraglio di speranza si apre in un negozio di via Trionfale, a un passo dal Gemelli: «A me piaceva, mi pareva una bella idea - dice la signora Luigina - peccato che non la vendano più da nessuna parte. Lei può aiutarmi? Era proprio una grande bufala». Appunto.

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