Il commento Gli ex intoccabili travolti da scandali e mazzette

Eccola dunque la «svolta» due volte annunciata da Massimo D’Alema coi toni di colui che sa. Non la pagliuzza D’Addario, ma la trave delle Procure che indagano la galassia pugliese di sinistra: Partito democratico, Socialisti, Rifondazione comunista, Sinistra e Libertà, Lista Emiliano, che poi sarebbe il sindaco di Bari. Le ipotesi di reato sono: illecito finanziamento ai partiti, associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, alla concussione, al falso e alla truffa nonché l’aver favorito un clan mafioso nella gestione degli appalti pubblici nel settore sanitario. E mentre tutto ciò bolliva nella pentola pugliese, Repubblica e la sinistra andavano a caccia di farfalle. Tanto che alle squadre investigative di Largo Fochetti Giampaolo Tarantini, che pure era ed è dentro fino al collo nell’inchiesta sulle mazzette e gli intrecci fra mafia e politica, interessava solo come fornitore di escort da inviare a villa Certosa. A conti fatti, viene quasi il dubbio che l’insistenza nel tener vivo il focherello del caso Papi sia stato un patetico, bamboccesco tentativo di oscurare la più grossa magagna di una sinistra finita nelle maglie fitte della magistratura.
L’aveva scampata al tempo di Tangentopoli perché così volle, legittimamente, nel pieno rispetto della Legge, ci mancherebbe altro, il pool di Mani Pulite. Ciò che diede alla sinistra la certezza di essere intoccabile, privilegio che la portò a rispolverare lo strumento di lotta politica e di potere indicato da Berlinguer come «questione morale» (il guizzo berlingueriano dal materialismo al moralismo storico, secondo Pajetta). E la sua appendice, la «diversità antropologica» del popolo della sinistra (ciò che il sociologo Luca Ricolfi denominò razzismo etico). Ed è stato così che negli ultimi tempi sia la questione morale e sia la diversità antropologica che i progressisti hanno finito per convincersi di detenere hanno dominato il pensiero e l’azione della sinistra: da Prodi a D’Alema, da Veltroni a Franceschini, dalla Serracchiani a Marino. La questione morale e la diversità antropologica da contrapporre al presunto immoralismo «antropologico» della destra, nella fattispecie di Silvio Berlusconi e della sua compagine politica. Che il candidato alla segreteria del Pd Ignazio Marino, il più animoso nell’agitare la questione morale fino a individuarne talune di «enormi», sia stato colto con le mani nel sacco per aver truffato il suo datore di lavoro facendo la cresta sulle note spese appare, alla luce dei nuovi eventi, come un segno del cielo. Il primo, sinistro scricchiolio dell’impianto moralisteggiante dei «sinceri democratici», oggi squassato dall’inchiesta della magistratura pugliese, regione dove Massimo D’Alema gioca, come dire?, in casa.

Cade così un altro muricciolo di Berlino rappresentato dalla spocchiosa esibizione di una superiorità etica, dal moralismo sentenzioso d’una sinistra che si rivela magliara, tangentara e collusa con la mafia, sempre beninteso che le accuse siano confermate in tribunale. Ma intanto, quelle sono e quelle restano le ipotesi di reato. I «fatti» come direbbe Travaglio, che in queste faccende è maestro.

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