Avete presente quel film, Un giorno di ordinaria follia, in cui Michael Douglas impazzisce e inizia a fare un casino epocale perché sopraffatto dalla sua vita piena di piccoli incidenti? Avete presente quel senso di frustrazione che vi fa sbattere i pugni sul muro? Sentite questa. E poi leggetevi le dichiarazioni dellAgenzia delle entrate che ci racconta dellencomiabile lotta contro levasione fiscale.
Piccolo imprenditore, settore agroalimentare, Sud Italia. Ce lha raccontata e labbiamo verificata. Il suo settore è colpito, come tanti, dalla crisi economica. Riceve lennesima visita della Finanza. Non è esattamente come ricevere a casa propria Angelina Jolie: si piazzano nel tuo ufficio, si siedono alla tua scrivania e ti sigillano un armadio pieno di documenti. Una piccola impresa, non è la Fiat, e gli uffici non sono il Lingotto, ma una stanza in una palazzina in campagna. La scrivania dellimprenditore è vis-à-vis con quella del suo ragioniere.
Due giorni di controlli, documenti, carte, un ufficio a loro disposizione. Lultimo controllo era avvenuto due anni prima. Passano i giorni, viene compilato un verbale e passa la paura. Si fa per dire: almeno si può ricominciare a lavorare. Solo che dopo qualche mese vi viene contestata una discrepanza tra la vostra valutazione del magazzino e quella che loro ritengono più corretta. Ballano, come direbbero in Brianza, ma il concetto è simile anche al Sud, circa 3mila euro. Prendi la tua auto, imbocchi lautostrada, che non cè, parcheggi, nel parcheggio che non cè, dellAgenzia della tua provincia, che ovviamente cè. Fai anticamera per tre ore (tre ore per pensare alla follia di Douglas) e ti ricevono. «Bene - ti dice lincaricato - conviene che lei paghi immediatamente altrimenti le costerà molto di più». La cartelletta di quello sfigato dellimprenditore che si era pure fatto fare due conti (con conseguente parcella) dal commercialista viene subito riposta nel suo luogo ideale: il cestino. «Veda - dice il solerte funzionario delle Entrate - lei può avere anche ragione. Ma noi non la pensiamo come lei. Abbiamo fatto una verifica che ci costa soldi e tempo e rimaniamo della nostra idea. È ovvio che se lo ritiene andiamo pure a discuterne in commissione tributaria. Ma sono 3mila euro, è sicuro che le convenga?». Lo sfigato, ci pensa, riflette e paga.
Ecco caro Befera, direttore dellAgenzia delle entrate, se lei ci dovesse chiedere il nome di questo imprenditore non glielo daremmo. È spaventato. È disgustato. È uno (forse tra i pochi, ma non crediamo sia così) che le imposte prova a pagarle tutte. Ma che vede nello Stato un suo nemico, non lalleato. Ci dice che volete colpire i grandi evasori. Benissimo. Abbiamo incontrato pochi mesi fa uno dei suoi uomini di punta, Luigi Magistro, che ci aveva annunciato e convinto della bontà delloffensiva contro levasione. Ma la sensazione è che la vostra sacrosanta battaglia possa produrre «danni collaterali» eccessivi. Colpire dieci innocenti per pizzicare un delinquente non va bene. Il tema non è quello di pagare le imposte. Ma di lasciarci vivere. Siamo davvero convinti che uno Stato che schedi le nostre transazioni bancarie, i nostri investimenti, la nostra auto, le nostre iscrizioni a club sportivi, i nostri viaggi, i nostri massaggi, le nostre assicurazioni, le rette della scuola dei nostri figli e dopo aver frullato tutto insieme ci dica quanti sia giusto spendere, sia esattamente uno Stato liberale? Gentile Befera, sa qual è il modo migliore per evitare che ci siano incidenti stradali: vietare del tutto luso dellauto od obbligare a installare al posto degli Airbag un piccolo pugnale, sì da mettere tanta paura ai guidatori da farli andare a 5 allora.
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