Sarà per Hamas una semi-tregua non dichiarata e non ammessa, sotto la quale seguiterà a scorrere una determinazione indomabile e anche laspettativa segreta che presto una nuova occasione darà fuoco alle polveri. Venerdì è il giorno della scadenza del cessate il fuoco in atto con Israele dal 19 giugno. Tale tregua ha diminuito per sei mesi il carico di missili sulla città di Sderot (da dieci a tre di media) e frenato lesercito nelle sue incursioni.
Ha, però, anche permesso che Hamas si armasse di missili molto più potenti capaci di arrivare a Ashkelon e a Ashdod, ben oltre Sderot, sempre arrostita a fuoco lento, e se le cose si scaldassero ne vedremmo una grande salva, fino alla perdita di pazienza di Israele, che è pronta a entrare, ma non riesce a decidersi a causa del soldato rapito Gilad Shalit nella mani di Hamas e della pressione internazionale. Cosa deciderà Hamas, dato che comunque Israele non mette in discussione la tregua e Amos Gilad, responsabile per il governo di ritorno dal Cairo, dice che non era prevista una data di scadenza?
Hamas in queste ore alza il prezzo: più apertura di passaggi, di merci, di vantaggi vari, ma Israele è adamantina: si resta come siamo, Shalit non è con noi, sparate su Sderot, siete amici di Iran, Hezbollah, Siria. Se ci sparerete, risponderemo. Ma Hamas gioca razionale: la sua scelta, tregua senza tregua, è parte della natura irriducibile che ha abbracciato e della sua strategia.
Ma deve sistemarsi nel suo nuovo ruolo di leva della jihad mondiale: per esempio, è ancora nella fase della sostituzione del partner egiziano con quello iraniano. Ha snobbato gli inviti di Mubarak di riunirsi con Fatah e di trattare su Shalit, ha rifiutato lincontro di novembre con Abu Mazen al Cairo. Vede Mubarak come vede Abu Mazen: traditori filoisraeliani, ma deve attrezzarsi per sostenere il punto mentre ama mostrarsi come vittima di fronte al mondo. AllIran che gli fornisce armi e training tramite il Libano e anche a Al Qaida con cui ha rapporti regolari, risponde con una politica generale di riscaldamento dellarea che, però, non vuole diventare subito scontro aperto.
Hamas vuole apparire un giocatore irriducibile, ma non è ancora pronto. Abu Mazen sembra determinato a dichiarare il prossimo 10 di gennaio che resterà presidente dellAutorità palestinese oltre la scadenza del mandato e sembra preparato a resistere allo scontro con Hamas che lo vuole a casa. Ultimamente le sue operazioni di polizia nelle città del West Bank contro Hamas e la restituzione di 220 prigionieri da parte di Israele, gli hanno costruito spalle più larghe. Hamas non è pronto alla guerra su due fronti, e la lotta interna la può giocare tutta sullestremismo, pane quotidiano nellAp.
Anche Abu Mazen, ricevuti i suoi prigionieri alla Mukata di Ramallah, ha subito alzato la posta e ha ripetuto che le offerte di Olmert ad Annapolis (da oggi centro di una risoluzione dellOnu) non sono accettabili. Insomma, cerca la concorrenza a Hamas. Ma è dura competere: neppure Caligola ai suoi tempi, forse, avrebbe mostrato al pubblico sghignazzante la caricatura della sofferenza di Shalit, il ragazzo di leva di cui da 900 giorni si sa solo che è nelle mani di Hamas, come ha fatto domenica Ismail Haniyeh - capo di Hamas a Gaza - di fronte alla sua folla.
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