Il commento Sono narcisi e (spesso) soli Così provano a conquistare l’Auditel

Anche ieri pomeriggio nel grande salotto di emozioni e di psicodrammi di Barbara D’Urso sono andate, con straordinaria efficacia, in scena le lacrime di Carmela e le amletiche perplessità di George. Insomma, emerge sempre più prepotentemente che sentimenti intimi e racconti imbarazzanti o comunque emozionalmente significativi per vip o aspiranti tali, paiono rivelarsi più facilmente sotto i fari di un talk show (in particolare se condotto da qualche vero professionista) piuttosto che sul lettino di uno psicanalista. Quali sono le chiavi profonde di questa tendenza diffusa al coming out, in cui si sono esibiti personaggi anche non ingenui come un ex presidente della Camera, Irene Pivetti, che su un divano di Sposini ha reso pubblica la sua crisi matrimoniale, o uno scafato Lino Banfi che, con voce rotta dall’emozione, ha infranto ogni tabù parlando del cancro della propria figlia?
In questa tv della verità basata sull’empatia tra conduttore e «condotti» vedo alcune chiavi di lettura ricorrenti. Direttamente sperimentate dal sottoscritto anche durante un piccolo ma seguito programma cult di Telelombardia: Lo strizzacervelli a cui si sottopose una trentina di vip. Innanzitutto l’indiscutibile tendenza al narcisismo degli stessi. Infatti, sia che si tratti di politici sia di personaggi dello spettacolo o del giornalismo, non si può dimenticare che è difficile salire le scale faticose della notorietà senza una adeguata quota di egoticismo e di amore esibito di sé. Il contraltare del narciso è la tendenza alla seduzione dell’altro. Relazione che, come ben si sa, ha bisogno di vellicare ed evocare passioni forti. Che cosa quindi è meglio di una improvvisa e spesso non completamente programmata apertura del cuore? Non sempre, infatti, c’è, dietro queste rivelazioni, straordinarie per qualcuno tra gli spettatori e stucchevoli per altri, un calcolo cinico e preciso. Molto spesso nel gioco adrenalinico, al limite dell’autolesionismo, fuoriescono quasi in modo preconscio dagli scantinati della coscienza brandelli di sensazioni difficili da frequentare persino per i diretti interessati. Capaci infatti di evocare rabbie, o risentimenti, vergogne o imbarazzi che quasi catarticamente si liberano nel momento in cui vengono dati in pasto alla folla contemplante. Come se il tema sollevato da Andy Warhol sui cinque minuti di notorietà per chiunque riguardasse anche coloro che noti, ahimè, già sono, ma sempre bisognosi di avvertire quasi fisicamente l’attenzione degli altri. Attenzione che il rumore bianco e lo schiamazzare querulo di tanti media spesso sembra addormentare e assordare. Per bucare quindi non solo le fredde cifre dell’Auditel ma anche la scorza degli ascoltatori, la tentazione di attingere agli abissi di un sé semi-inconfessabile, appare irresistibile. A ciò si aggiunga un indiscutibile elemento di fragilità dei cosiddetti vip: una ricorrente e oggettiva solitudine conseguenza di vite frenetiche, matrimoni finiti, famiglie sfasciate, amici opportunisti o improbabili.
Fortunatamente non è sempre così, ma spesso una vera, obiettiva solitudine è uno dei prezzi della scalata al successo. Successo che isola il soggetto tra le ammirazioni ambivalenti e fluttuanti e un cannibalismo che basta aprire un blog per ritrovare spesso durissimo e feroce. Il web ha reso palpabili i sentimenti di rivalsa di chi si sente ignoto nei confronti delle star e starlette. Il sentimento ipercritico di personaggi spesso osannati in pubblico e massacrati nell’anonimato della rete ha qualche cosa di antico e sacrificale. Più che ad una semplice manifestazione dell’invidietta sociale di sempre assomiglia al gusto antichissimo dei sacrifici umani: dal potlak degli aztechi con cuori caldi di vittime predivinizzate mangiati, alle gioiose tricoteuses sferruzzanti ai piedi della ghigliottina per vedere allegramente cadere nel cesto teste coronate o almeno aristocratiche.

La tentazione allora di offrire preventivamente il collo o per lo meno le natiche può apparire al vip vittima ed eroe l’occasione per tentare magari invano di governare questo pasto dell’immagine. A volte riesce, a volte no. Certo un po’ di batticuore ci scappa, non sempre è quello del sentimento tragico della vita. Spesso semplicemente grottesco o, nella peggiore delle ipotesi, una farsa di ultima categoria.

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