di Franco Ordine
Confessiamolo senza pudore: abbiamo rischiato la crisi dastinenza. Tre settimane senza calcio vero hanno messo a dura prova il sistema nervoso di molti. Cè stato tutto il tempo per apprezzare la scelta degli inglesi pronti a giocare durante le vacanze e per scoprire, ancora una volta, che gli stadi italiani sono una schifezza. La denuncia non arriva solo dagli imprenditori pronti ad alzare torri in qualche quartiere delle nostre metropoli. No, ci sono anche i diretti interessati. Per esempio Andrea Pirlo, il cui grido di dolore («noi del Milan vorremmo giocare come il Barcellona, ma il pallone rimbalza male») è finito a tutta pagina sulla Gazzetta.
Confessiamolo senza ritrosia: cè un raduno di gufi sulla panchina di Ciro Ferrara. È atteso allappuntamento con il Parma scortato dalla diffidenza collettiva e dal gusto sadico di chi è già pronto a fargli la festa spalancando i portoni di Vinovo alla sagoma grifagna di Guus Hiddink. La discussione in materia è molto semplice: se la Juve ha fede nel talento di Ciro, han fatto benissimo a difenderlo dai forconi della critica; se invece, sotto sotto, sono divorati dal dubbio, era meglio procedere subito al cambio della guardia. Durante la sosta cera tutto il tempo per riordinare idee, cambiare metodi, disegnare un altro schieramento.
Abbiamo cento altre curiosità da soddisfare: il ritorno di Toni; il destino di Balotelli incalzato adesso anche da Pandev dopo la partenza di Etoo; la fine o meno del famoso modulo fantasia di Leonardo, da tutti osannato per il coraggio mostrato ma messo sullavviso, «attento, rischi losso del collo con tutti quegli attaccanti», da colleghi del calibro di Lippi e Sacchi.
Confessiamolo senza vergogna: prima del Mondiale, del quale ci occuperemo da maggio in avanti, ci giochiamo la faccia nella Champions. Non fosse stato per il Milan, finalista tre volte addirittura nel nuovo millennio, nel 2003 insieme con la Juve a Manchester e ultimo vincitore (maggio-dicembre del 2007) del trofeo, saremmo fuori dai giochi europei da troppo tempo. LInter è quella che ha investito di più (bilancio chiuso con meno 185 milioni) e meglio (cinque acquisti pagati con la cessione di Ibrahimovic): non può permettersi di uscire agli ottavi tutti gli anni. Se non cè il Liverpool (che fece perdere la trebisonda a Mancini), cè il Manchester United che mise a dura prova la pazienza di Moratti. Adesso avanza minaccioso il Chelsea di Ancelotti: sai che delizia per le nostre discussioni da bar dello sport. Siamo rimasti senza la Juve, puntiamo sulla Fiorentina: può regalarci qualche clamorosa soddisfazione.
P.S.: confessiamolo, celebrare la santa messa del pallone senza il pancione vistoso di Ilaria DAmico, non ci mette tristezza. Siamo forse degli inguaribili maschilisti ma il guizzo di Caressa ci farà buona compagnia.
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