Il «commissario Sottile» perfetto per le storie noir

Lui fa subito noir. Perché è moro, ombroso, un po’ storto nella postura e ha i vetri nella voce. Più scuro di mezzanotte, come il titolo del suo ultimo romanzo. Sulla faccia gli si vedono tutti gli anni di cronaca, i lapilli dell’Etna, i mercati di Palermo. Spiegazzato e autorevole. Fermo e umanissimo. Domenica in prima serata, su Retequattro, Salvo Sottile ha esordito con il suo programma Quarto Grado. Un format di approfondimento giornalistico tutto autoprodotto da Mediaset che ha l’arduo compito di rivisitare casi di cronaca irrisolti e di passarli, appunto, sotto un nuovo grado di giudizio. Con gli ospiti in studio, i personaggi in collegamento, il criminologo Picozzi a inseguire le ombre dei colpevoli. La prima puntata era dedicata al caso della piccola Matilda Borin, uccisa nel 2005, e a quello di Sonia Marra, la studentessa di Perugia scomparsa. A raccontare della prima, la mamma, Elena Romani, e il suo ex fidanzato, Antonio Cangialosi. A parlare della seconda vicenda, in collegamento, i genitori e il fratello della ragazza. A tirare le fila dei complessi gialli Salvo Sottile. L’investigatore a cui chiunque vorrebbe affidare il ritrovamento di un figlio, di una moglie, di un fratello. Mentre pastoso di gesti e di corde vocali ricostruisce le storie, si ha quasi la sensazione che dopo, di notte, a programma chiuso, si metterà a cercare i protagonisti in prima persona. Sapendo a chi chiedere, sapendo dove andare. Sapendo in che viuzza infilarsi per trovare un indizio, a chi offrire una sigaretta per ottenere un’informazione. Dopo anni di impeccabili servizi per il Tg5, scende a mischiarsi con le storie, e sembra impossibile che ne rimanga distaccato. Sottile è l’anti Alessio Vinci (british, composto, algidino). Abbigliati allo stesso modo (completo senza cravatta), salta subito all’occhio che se per Vinci il collo aperto è un puro vezzo, per Sottile il contrario sarebbe una camurria. Piazzato in mezzo a un programma troppo perfettino, attendiamo solo, con ansia e speranza, che si sporchi un po’. Che si veda cosa sta dietro una storia di cronaca, che torni stanco da tutto ciò che si deve fare per poterla raccontare. Come ha sempre fatto (ha iniziato la sua carriera a diciassette anni seguendo i più grandi processi di mafia a Palermo, sua città natale).

E sarà questione di poco perché ha una faccia che sembra stata fatta apposta per andare in video, e tutto il resto, beh, sapevamo già che ce l’aveva. Lui passa anche il Quarto Grado di giudizio. Noi rimaniamo in attesa di una nuova serie: il commissario Sottile. Che poi di sottile non ha niente.

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