Altadefinizione

«Il Companion XL ci fa tutti cuochi»

di Bruno Barbieri

Se mia nonna fosse al mondo utilizzerebbe anche lei un robot da cucina. È questo che spiega cosa vuol dire avere la tecnologia tra i fornelli, ed è con questo che posso spiegare perché - anche nel mio ristorante Fuorghetti di Bologna - ho deciso di utilizzare uno strumento come il Companion XL di Moulinex. Perché non è solo questione di prodotto, ma anche di fiducia. Perché ci sono prodotti di cui ti innamori e che ti fanno fa venire voglia di metterti subito all'opera. Questo vuol dire innovazione per noi chef: avere qualcosa che ti stimola a fare ancora meglio. Per dire: cucini un risotto, una fregola, e sai di non doverti preoccupare delle temperature giuste. Questa ti dà possibilità di esprimerti e di occuparti delle cose importanti. E poi la capacità: fare quattro litri di crema pasticcera è un lavoraccio, il Companion XL per esempio ti evita di star lì girare la sonda.

La tecnologia sostituirà i cuochi? Non sarà mai possibile, una macchina non può dare lo sprint al piatto, il carattere che sono noi umani possiamo aggiungere. La tecnologia fa cose meccaniche, manovre, ma siamo noi a dover combinare gli ingredienti. L'importante è che, come in questo caso, non mettano paura: alcuni robot sembrano astronavi difficili da utilizzare, con troppi tasti e troppe funzioni. La formula giusta invece è la semplicità: avere grandi risultati con un nulla. Grazie a questi aiuti moderni è cambiato anche il modo di insegnare. Ritorniamo all'esempio della crema: una volta dovevi mettere una sonda ogni 5 minuti, per tenere la temperatura a 82 gradi. Ora basta un tasto. È il perfetto mix tra il lavoro degli ingegneri e quello degli chef a dare l'input per un prodotto perfetto. E c'è molto da insegnare oggi, anche se chef si nasce e non si diventa: ce lo devi avere dentro. Poi è normale che impari cose, ma per diventare chef devi avere esperienza e umiltà. È come diventare chirurgo o architetto, devi studiare ma ce lo devi avere nelle mano. Insomma: siamo arrivati ad avere dei robot al nostro fianco, ma anche con loro bisogna saperci fare. E io non avrei accettato di fare un lavoro del genere con un'azienda con una filosofia in cui non credo: acquistare una macchina intelligente come aiuto in cucina, è un po' come quando acquisti una bella automobile. É il piacere di poter estremizzare. Ed è questo che avvicina anche i ragazzi alla cucina: vedendola in tv, osservando il nostro modo di lavorare, i giovani hanno capito che dentro la cucina c'è pensiero e grande artigianalità italiana. Loro cercano di capire se possono diventare un Cracco, o un Barbieri.

Siamo miti? È fondamentale esserlo, perché i giovani hanno capito che il cibo racconta la storia di tante persone, che c'è una filiera. Hanno capito che c'è divertimento, e se il divertimento lo leghi anche alla tecnologia ecco perché anche mia nonna ci avrebbe voluto provare. Poi c'è anche un po' di futuro: oggi puoi finire nella foresta amazzonica e trovare gli ingredienti per costruire tanti piatti innovativi. Vi dirò di più: io sono talmente affascinato da questo che mi piacerebbe sapere come si potrà creare cibo quando l'uomo arriverà su un altro pianeta. Non so se ce la farò... Ma in ogni caso ho una certezza: l'Italia è e resterà il cuore della cucina. Poi ci sono le mode, tipo la cucina peruviana, quella orientale, perfino quella dell'Himalaya: va tutto benissimo. Ma la cucina parte da qui, dove il cuoco si forma all'artigianalità di creare un piatto. Qui c'è la materia prima, c'è la storia. Gli altri se ne sono impossessati e magari l'hanno anche evoluta, ma il centro di quel mondo è qui. C'è solo una cosa però che la tecnologia non può fare: cancellare l'invenzione del fuoco. Esiste l'induzione, certo, ed è una grandissima invenzione. Io però sono pro fuoco: l'induzione va bene per fare una risotto per 30 persono ma se devo saltare la pasta... Insomma: a casa mia, quella dove vivo, ho il fuoco.

E non c'è nessun robot che può fare meglio di così.

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