La complessità del mondo nelle pagine di Kureishi

«Pochi giorni dopo l’attacco al World Trade Center un amico regista mi ha detto, “Che facciamo adesso? Non abbiamo più senso. È tutta politica e sopravvivenza. Come fa un artista ad andare avanti?”». È solo uno dei tanti quesiti a cui cerca di dare risposta Hanif Kureishi nel suo nuovo libro («La parola e la bomba», traduzione di Ivan Cotroneo, Bompiani, pp. 146, 10 euro). Ma non è soltanto il futuro della cultura che preme allo scrittore. Kureishi, noto drammaturgo e sceneggiatore nato a Londra da padre pachistano e da madre inglese, da sempre si confronta con i problemi razziali, l’integrazione e le incomprensioni culturali tra autoctoni e immigrati, temi che gli stanno a cuore. Scrive: «La monoculturalità non può funzionare al giorno d’oggi: il mondo è troppo complesso».

Ma lo scrittore non si nasconde dietro un dito, perché «affrontare la questione della razza spinge a pensare all’integrazione o a che tipo di persone dobbiamo essere perché la società funzioni. Spinge a pensare alla nozione di “straniero”». Un libro importante e soprattutto attuale. Per riflettere.

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