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Il Comune taglia le ali all’Albatros

Marta Cerruti

Cala definitivamente il sipario sul palcoscenico dell’Albatros di Genova. Per il teatro di Rivarolo non ci sarà purtroppo una stagione 2006/2007, perché ormai è stabilito: la sala dovrà chiudere.
La decisione sembra presa, e remota, anzi remotissima, è l’eventualità che essa venga abbandonata. I locali del Dopo Lavoro Ferroviario della Valpolcevera, che per anni hanno ospitato il teatro Albatros, non sono più a disposizione. Non solo non ospiteranno più compagnie teatrali, ma nemmeno accoglieranno iniziative culturali di altro genere. Il motivo? Questione di soldi, naturalmente. L’affitto e il mantenimento di una sala, per giunta ampia, costano, così come è oneroso allestire ogni anno un calendario ricco di spettacoli e rassegne, curare laboratori teatrali e organizzare corsi di formazione. E nel portare avanti tali impegnative attività la direzione artistica del Teatro Albatros è stata lasciata sola, troppo sola.
In tutti questi anni, infatti, tra i diversi enti pubblici, solo la Provincia di Genova ha aiutato concretamente l’Albatros. Latitanti, invece, Comune e Regione, che alle richieste avanzate dalla Circoscrizione e dall’Albatros hanno sempre risposto mostrando le tasche vuote. E dire che «basterebbe destinare il 5 per cento dei fondi già stanziati per la cultura, senza portarne via ad altri settori» lamenta Mario Bagnara, autore del teatro. Mancanza di fondi, e non è certo un problema nuovo per i teatri di Genova. Ma sta di fatto che questa malattia cronica miete vittime e che a rimetterci sono la vivacità culturale della città, i quartieri e i cittadini. Il «caso Albatros» è paradigmatico. Con la sua chiusura, i «Carogge», la compagnia di teatro dialettale che aveva scelto l’Albatros quale propria sede, si troverà senza un palco per creare, provare e rappresentare. Rivarolo, quartiere sì periferico ma fra i più vivibili del Ponente genovese, perderà un centro, anzi una fucina di cultura. I cittadini dovranno dire addio a un polo di attrazione per grandi e piccini, fra l’altro molto vicino alla biblioteca, alla piscina, alle stazioni e ai centri sportivi.
Insomma una grave perdita. E tutto questo per cosa? Forse per lasciare spazio a un supermercato o a una palestra, naturalmente privata. Ma si tratta solo di ipotesi. Certa è, invece, la chiusura del teatro, che oltre al danno porta con sé anche la beffa. Nel 2001 l’Albatros è stato, infatti, interamente ristrutturato, dalla platea ai camerini, dal palco al foyer.

Evidente perciò lo spreco di una struttura nuova, molto frequentata, non solo dagli abitanti del quartiere, e fino a poco fa perfettamente funzionante. E pensare che per evitare la serrata basterebbe solo un piccolo comune sforzo.

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