Comunità cristiana cinese. Il Comune chiude la sede

L'associazione aveva fatto regolare richiesta. Lo stop arriva 3 anni dopo, a lavori conclusi, nella città delle moschee abusive

Comunità cristiana cinese. Il Comune chiude la sede

In una città in cui fioriscono le moschee abusive con il tacito permesso delle autorità, basta un Crocifisso appeso a una parete perchè una comunità di cristiani finisca nelle peste: prima da parte del Comune, poi grazie ai giudici del Tar. Che obbligano la piccola comunità a pagare una pesante multa, e a smantellare i lavori fatti nella sua sede.

Tutto accade in via Camillo Ugoni, a Dergano, dove un vecchio capannone è stato acquistato sette anni fa dalla associazione cristiana cinese Revival: è una comunità di credenti che in patria ha a che fare con i trattamenti non benevoli del regime comunista, e che a Milano è da tempo impegnata in attività sia religiose che sociali. Per utilizzare gli spazi i vertici della comunità nell'aprile 2014 inviano regolare avviso al Comune di manutenzione straordinaria. Il Comune lascia passare tre anni, poi - quando i lavori sono ormai stati fatti - dichiara inammissibile l'intervento, fa partire una sanzione amministrativa e manda i vigili in via Ugoni ordinando di rimettere tutto come prima. Palazzo Marino arriva a chiedere ai cristiani cinesi anche il pagamento degli oneri di urbanizzazione per il passaggio di destinazione d'uso da laboratorio a attività culturali: che però era stato fatto dal proprietario precedente, un anno prima di cedere l'immobile ai cinesi.

Secondo l'accusa della Direzione urbanistica di Palazzo Marino, lo stabile è stato trasformato in luogo di culto, senza avere le necessarie autorizzazioni. Da cosa si deduce che il capannone è diventato una chiesa? Dal fatto, si legge nella senenza del Tar, che «nel rapporto del sopralluogo svolto dalla Polizia locale il 21 settembre 2017 si evidenzia che nell'immobile è presente una sala dove si tengono incontri ecumenici». Incontri ecumenici: dunque il contrario di riti ecclesiastici, visto che presuppongono la presenza di fedeli di diverse confessioni cristiane. Ma la prova decisiva, secondo il Comune e i giudici, è anche un'altra: nella «sala si trovano circa 200 sedie rivolte verso un crocifisso (così, senza neanche la maiuscola, ndr) ancorato alla parete»

Invano i rappresentanti della comunità hanno cercato di spiegare al Tar che «la presenza di una croce nella sala grande dell'immobile sarebbe pienamente coerente con il dichiarato carattere Cristiano dell'Associazione, non costituendo di per sé tale presenza indice della celebrazione di culti religiosi» e che «la natura delle attività culturali svolte collettivamente dagli associati implica l'uso della Sala grande per riunioni e conferenze, per le quali si rende necessario avere uno spazio

adeguato e disporre di sedie comode».

Niente da fare, i giudici del Tar dopo averci pensato quattro anni depositano nei giorni scorsi la sentenza che dà ragione al Comune e torto alla comunità Revival. Togliete quel Crocifisso.

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