Arrotolati i tappeti, ripulite le sale e svuotati i portacenere, resta da capire se quella di Londra sia stata una conferenza o una chiacchiera tra sordi. Mentre Karzai già si vede a presiedere una Loya Jirga, unassemblea tribale, in compagnia del Mullah Omar e degli altri capi talebani, questultimi continuano a promettere di volergli tagliare la gola. E il resto dello schieramento non sembra avere visioni molto più chiare. Gli Stati Uniti ripetono, per bocca dellaccondiscendente Segretario di Stato Hillary Clinton, che «la pace non si fa con gli amici», ma intanto nessuno a Washington sembra disposto ad avallare lidea dellimminente assemblea tribale annunciata dal presidente afghano. Così, mentre Karzai e Washington litigano e la Nato attende di capire, lOnu gioca al terzo incomodo. Gli unici ad aver aperto un canale di dialogo con gli insorti sono infatti gli uomini dellinviato a Kabul Kai Eide, reduci da un incontro ravvicinato a Dubai con i capi della Shura di Quetta, ovvero con i luogotenenti del Mullah Omar.
La posizione più frettolosa e più incongruente del confuso scenario post londinese è quella di Hamid Karzai. «Dobbiamo tendere la mano a tutti i nostri compatrioti, specialmente ai nostri fratelli più disillusi», ripete annunciando la grande Loya Jirga in cui cercherà di convincere i talebani a deporre le armi e a collaborare il governo. La proposta si spinge molto più in là delle migliori intenzioni del presidente Obama, di Hillary Clinton e dei loro generali, primo fra tutti il comandante sul campo Stanley McChrystal. Per gli americani la parola riconciliazione non significa scender a patti, bensì dividere le file degli insorti conquistandosi la fedeltà dei gruppi più moderati e comprandosi, se necessario, la fedeltà di tribù e anziani. E il lavoro è già iniziato. Poco prima della conferenza svoltasi giovedì a Londra alla presenza di 65 delegazioni internazionali, i comandanti americani hanno siglato un accordo da un milione di dollari con una delle più importanti tribù Pashtun.
In cambio dellimponente cifra messa a disposizione sotto forma di aiuti allo sviluppo, i 400mila membri della tribù Shinwari sono pronti a tagliare i ponti con i talebani, allontanarli dai propri villaggi e mandare i propri figli ad arruolarsi nellesercito afghano. I propositi del presidente rischiano però di mandare allaria i piani americani e rendere ancor più costosa e lunga la fase del negoziato e della pacificazione. Nei piani di Washington comprarsi le fazioni più moderate e isolare quelle più estremiste non può costare più di 500 milioni di dollari e deve permettere una progressiva e sostanziale riduzione degli aiuti e dei soldati impegnati in Afghanistan. Nellottica di Karzai il processo di riconciliazione deve invece venir accompagnato da altri 10 o 15 anni di generosi contribuiti occidentali. A questo punto cè da chiedersi se e come sarà possibile conciliare le due visioni, ma anche quanto a lungo Washington sopporterà ancora un alleato che oltre ad essere corrotto, irrilevante sul piano interno e detestato dai suoi stessi connazionali, si rivela sempre più esoso e meno collaborativo con chi lo mantiene al potere. A rendere più confuso il rebus contribuiscono i contatti avviati a Dubai lo scorso 8 gennaio dalla delegazione dellOnu e da un gruppo di rappresentanti della Shura di Quetta, lorganismo che comanda le fazioni degli insorti più vicine al Mullah Omar. Lincontro di Dubai è il primo contatto diretto tra un intermediario neutrale e la fazione più intransigente dei talebani. Ora bisogna capire se questiniziativa andrà ad inserirsi nei piani di riconciliazione di Karzai o in quelli di Washington. Comunque vada qualcuno dovrà continuar a metter mano al portafoglio perché a Londra si è discusso tanto, ma sborsato poco.
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