Confcommercio: per spingere i consumi vanno abbassate le tasse alle famiglie

nostro inviato a Cernobbio

La Confcommercio lancia la sua idea di «manovra» a favore delle famiglie, per sostenere la spesa e alimentare i consumi. Il documento, presentato ieri a Cernobbio nel corso del decimo Forum politico-economico dell’associazione, parte dalla constatazione che la crisi sarà più lunga e profonda del previsto, con un calo del Pil ora stimato nel 2,3% quest’anno (la valutazione precedente era dell’1,8%), e un recupero nel 2010 che lo porterà a zero. Parallelamente i consumi scenderanno dell’1% nel 2009 per risalire dello 0,2% nel 2010. «L’Italia si trova a dover affrontare una doppia crisi - sottolinea il rapporto elaborato dall’Ufficio studi - una strutturale e una congiunturale, che si sovrappongono e che ci faranno uscire nel 2010 allo stesso livello del 2000, “bruciando” 10 anni di crescita: l’Italia arretrerà in modo maggiore rispetto agli altri Paesi, che nel frattempo sono cresciuti più e meglio di noi».
Dopo gli aiuti alle banche, alle auto, agli elettrodomestici, all’edilizia, Confcommercio si schiera dalla parte delle famiglie e chiede una redistribuzione di ricchezza agendo sulla leva fiscale. Come? 1. Diminuendo di un punto l’aliquota minima dell’Irpef, dal 23% al 22%. 2. Restituendo ai cosiddetti «incapienti» i crediti che oggi vengono azzerati (più chiaro un esempio: se un contribuente deve pagare un’imposta di 800 euro ma ha diritto a detrazioni per 1.000, con il regime attuale l’imposta dovuta diventa zero, ma con la perdita del beneficio di 200 euro). 3. Aumentando di un punto l’aliquota massima, quella che parte dai 75mila euro, portandola dal 43% al 44% («nulla di punitivo» ha sottolineato il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli). Le due prime misure avrebbero un costo di 9,2 miliardi (4,3 più 4,9), il terzo porterebbe un beneficio di 300 milioni, a carico dei contribuenti più ricchi; il saldo darebbe dunque una spesa di 8,9 miliardi. Per i contribuenti tra i 75 mila fino e i 105 mila euro di reddito lordo, sgravio e aumento andrebbero alla pari, mentre un contribuente con un reddito di 150mila euro verrebbe appesantito di 450 euro all’anno. Ma per gli 11 milioni di cittadini corrispondenti alla prima aliquota, il vantaggio pro capite sarebbe di circa 500 euro; vantaggi comunque fino ai redditi di 75mila euro. Aggiungendo a tutto questo una misura di tipo assistenziale, un’una tantum ai disoccupati, la manovra complessiva salirebbe a 9,8 miliardi.
Come reperire queste risorse? Questo è il punto debole della proposta, che s’infrange su uno dei più consolidati luoghi comuni della politica economica italiana: «La copertura andrebbe prevalentemente sviluppata dal lato dei risparmi di spese pubblica improduttiva - dichiara Confcommercio -. Le risorse necessarie corrisponderebbero a poco più del 2% della spesa pubblica attuale al netto della spesa sociale e degli interessi. Una frazione che non può essere ritenuta inverosimile».
Lo studio stima anche gli effetti economici della manovra: si ipotizza «un Pil aggiuntivo pari all’1,4%, con maggiori consumi dei residenti pari allo 0,8%»; e ciò «implicherebbe che l’anno 2009 potrebbe risultare non peggiore del precedente, limitando la contrazione del Pil allo 0,9%. Si aprirebbero spazi per una concreta e meno debole ripresa nel 2010».

«Le famiglie hanno un ruolo decisivo - ha insistito Sangalli -. Tutt’oggi si dichiarano ottimiste (il dato Isae sulla fiducia di gennaio e febbraio è in risalita, ndr) e questo capitale fiduciario va coltivato e alimentato».

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