«Sono io molto colpevole per quella sera». Dal telefono cellulare di Silvano Ramaccioni arriva la frase che rimette finalmente ordine nella notte di Marsiglia, la «notte della vergogna» come passò poi alla storia. Lui, Silvano Ramaccioni, team manager storico del Milan berlusconiano, oggi a mezzo servizio (utilizzato nelle sfide milanesi come accompagnatore degli arbitri), ha sufficiente memoria ed onestà intellettuale per ripristinare la cronaca fedele dell'evento. Data: mercoledì 20 marzo del '91. Torneo: coppa dei Campioni, quarti di finale. Sede: stadio Velodrome di Marsiglia. Risultato dell'andata: 1 a 1. Arbitro della serata: lo svedese Bo Karlsson.
«Da allora ho conservato una sensazione molto netta: ho sempre pensato che l'incidente non fosse stato casuale ma fortemente voluto dai dirigenti francesi dell'epoca».
L'Om stava vincendo 1 a 0: qual era la convenienza?
«Semplicissima. Eravamo a 4-5 minuti dal gong, stavamo attaccando in massa, Evani, su punizione, aveva appena sfiorato il pareggio. Potevamo pareggiare e in quel caso andare ai supplementari anche se il Milan non era in una serata particolarmente ispirata».
Cosa accadde con precisione?
«Rimanemmo semplicemente al buio. E l'arbitro, sulle prime, fu inflessibile. Disse: senza luce non si riprende. L'improbabile guasto venne riparato in pochi minuti ma una torre rimase al buio. A quel punto l'arbitro cambiò idea. Disse: adesso possiamo riprendere».
Ma allora quale fu l'errore suo?
«A quel tempo c'era una differenza tra il regolamento italiano e quello europeo. Nel nostro campionato, l'eventuale black-out dell'impianto di illuminazione avrebbe comportato la perdita a tavolino della partita della squadra padrone di casa. In Uefa, invece no. Anche perché l'arbitro, prima e soprattutto dopo, durante il procedimento disciplinare, continuò a sostenere la tesi che la partita poteva essere conclusa regolarmente sia pure con quella parziale illuminazione».
Arrigo Sacchi confessò un paio di anni dopo d'essersi comportato come Ponzio Pilato, lavandosene le mani.
«Era piuttosto sconsolato per l'esito della sfida e per il risultato fino a quel punto acquisito. Nessuno di noi ebbe la lucidità sufficiente per pensare che il gesto di abbandonare il campo avrebbe provocato il castigo di un anno di squalifica: né io, né Taveggia, né Arrigo, nemmeno l'avvocato Cantamessa che era in tribuna».
Quindi Galliani, passato per il protagonista della vicenda, non fu responsabile.
«Lui era in tribuna: si mosse con il delegato Uefa quando ci fu il guasto e arrivò a ridosso dell'ingresso del terreno di gioco. Come tutti noi si fece prendere la mano pensando a un esito positivo dell'eventuale ricorso».
Ma perché dopo 18 anni pensa che l'incidente fosse provocato dagli uomini di Tapie?
«Perché c'erano strane voci sulle abitudini del Marsiglia, all'epoca.
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