Confindustria, Guidi bastona la Marcegaglia: "E' allo sbando e senza la Fiat non ha senso"

Il presidente di Ducati Energia, Guidalberto Guidi, è critico con il vertice degli industriali: "Pensa a far politica, mentre le nostre imprese sono sotto attacco". Poi loda la scelta di Marchionne ("coraggioso") e critica i vecchi rituali: "Concertare? E' una parola che fa venire i brividi"

Confindustria, Guidi bastona la Marcegaglia: 
"E' allo sbando e senza la Fiat non ha senso"

«Pensavo che, alla fine, ci sarebbe stato un ripensamento da parte di Fiat». Guidalberto Guidi, presidente di Ducati energia ed ex numero uno di Confindustria Anie e del Sole 24 Ore, era ottimista sulla possibilità che Sergio Marchionne recedesse dai suoi propositi. Poi, lo strappo ha deluso ogni speranza e messo Viale dell’Astronomia dinanzi alla realtà. «È un fatto di una gravità straordinaria: l’uscita crea la necessità di un ripensamento critico di Confindustria».

Presidente Guidi, non sarà facile superare questo momento.
«Basti pensare a Federmeccanica, nata con l’unico scopo di siglare il contratto dei metalmeccanici con la collaborazione dell’Unione Industriali di Torino e di Fiat. Senza il Lingotto a che cosa serve? Tanto vale chiuderla».

Pensa che ci saranno altre uscite?
«Ci sarà un effetto di trascinamento, a partire dall’indotto Fiat. I subfornitori, che fanno il 40-50% del fatturato con Marchionne, come faranno a organizzare il lavoro applicando regole diverse? E poi penso agli elettrodomestici che si producono in gran parte all’estero».

Prevede abbandoni tecnici o anche di tipo «politico» come quello delle Cartiere Pigna?
«Quello che ha detto Marchionne è il pensiero dell’80% degli imprenditori che non hanno possibilità di fare la voce grossa perché la crisi li ha messi a dura prova. Sarei sorpreso se non ci fossero effetti emulativi. E poi, l’ad di Fiat ha il merito di aver detto che non è possibile gestire una multinazionale con regole che risalgono al codice di Hammurabi».

Sono destinate a pesare di più le aziende a maggioranza pubblica.
«Fiat bilanciava le presenze di Eni, Enel, Poste, & C. Adesso magari i piccoli diranno che senza Fiat si sta meglio, ma è una visione miope perché le organizzazioni diventano autorevoli in virtù dei loro componenti».

Senza contare i 20 milioni di quote associative.
«Non è un problema di contabilità, ma politico. Anche se, venuti meno i sostanziosi contributi del Sole, qualche difficoltà si potrebbe porre».

Marcegaglia ha sbagliato?
«L’unica cosa certa è che il prossimo presidente di Confindustria si eleggerà come si faceva una volta: per rappresentare gli imprenditori e non per fare altre cose, tipo la politica».

L’atteggiamento nei confronti del governo le è piaciuto?
«Non ha senso dire: “Se non ci ascoltano, abbandoniamo i tavoli“? O si è certi che ci sarà un altro governo che accoglierà le nostre istanze. Oppure, se il governo attuale resta in carica e non dialoga con Confindustria, questa servirà solo a fare un po’ di turismo con le missioni all’estero. Meglio chiuderla a quel punto».

E se le motivazioni dello scontro fossero politiche?
«Sarebbe gravissimo. Un’associazione tratta con qualsiasi governo in carica. Come fa la Cei».

Il problema posto da Marchionne è la riforma della contrattazione e la legislazione sul lavoro.
«Lo Statuto dei lavoratori ha introdotto nel sistema-Italia un virus che, assieme ad altri fattori, ha minato la possibilità di fare impresa. Solo da noi il posto di lavoro è intangibile, anche in Grecia hanno tolto questa previsione. Tanto è vero che molte aziende si dividono in quattro o cinque parti per restare sotto la soglia delle 15 unità e non applicarlo».

Quindi?
«Si prende quella legge e la si butta nel cestino. Ne beneficerebbero i contratti atipici che potrebbero accedere a maggiori tutele. Le pare normale che ci si può separare dalla propria moglie e non da un dipendente nel quale non si ha più fiducia»?

Marcegaglia ha provato invece a ricucire con tutte le sigle.


«Quando sento parlare di concertazione mi viene un brivido lungo la schiena e poi la nausea. Siamo sotto attacco di aziende che non fanno prigionieri, non solo quelle cinesi. Bisogna comprendere che il mondo è diviso in due: chi fallisce e chi investe su ricerca e produzione. Senza dare dividendi».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica