
«L'Europa deve scegliere da che parte stare», scrive sui social Ilaria Salis. La decisione sulla revoca della sua immunità parlamentare da parte del Parlamento europeo, è appesa a un filo. Ago della bilancia, potrebbe rivelarsi il Ppe, dove pulsano le sensibilità più garantiste. Non tutti gli esponenti del gruppo, dove siedono anche gli azzurri di Forza Italia, potrebbero alla fine votare a favore della revoca, come invece chiederà di fare il relatore del testo in commissione, lo spagnolo del Ppe Adrian Lazara.
Il via libera esporrebbe l'eurodeputata di Avs alle azioni della magistratura ungherese. Anche a un eventuale arresto. Ma lo scrutinio proprio perché segreto potrebbe giocare a favore di Salis. «Verrei esposta a una persecuzione politica certa e spietata - ha scritto ieri su Facebook - Rischierei di tornare in fondo a quel maledetto pozzo in cui, per mesi, sono stata rinchiusa ingiustamente, in violazione dei più basilari diritti fondamentali. In Ungheria, il processo nei miei confronti ha già una sentenza scritta: nel disprezzo della presunzione d'innocenza, il governo ha più volte anticipato l'esito giudiziario, dichiarando pubblicamente che sarei una criminale, una terrorista, e che merito una condanna esemplare. Le udienze sarebbero una farsa pesantemente condizionata dal potere politico».
La commissione affari giuridici dell'Eurocamera, la Juri, potrebbe votare il 24 di giugno. La procura ungherese accusa Salis di un pestaggio e «lesioni potenzialmente mortali» a esponenti dell'estrema destra durante una manifestazione nel 2023. Ieri, durante la riunione della commissione a porte chiuse, gli eurodeputati hanno analizzato le motivazioni allegate alla richiesta di revoca dello scudo parlamentare. Le ritengono insufficienti tutti gli esponenti della sinistra, verdi, socialisti e liberali di Renew.
Così il voto su Salis rischia di diventare lo specchio di una divisione, quella tra i simpatizzanti di Orban e i suoi nemici. I Socialisti e Democratici, dove siede il Pd - con Elly Schlein contraria alla revoca - evidenziano le criticità dello stato di diritto in Ungheria, sollevano dubbi sulla possibilità di un processo equo a Salis, citando a supporto alcuni post social del portavoce di Orban, Zoltan Kovacs, che mostrano un'immagine con l'intelligenza artificiale raffigurante la deputata dietro le sbarre. Ma per il relatore del testo, Lazara, non sarebbe compito della commissione valutare la qualità dello Stato di diritto di un Paese membro.
Il gruppo Ecr, che comprende anche Fdi, è invece compatto a favore della revoca, anche perché, fanno notare alcuni deputati, le contestazioni a Salis «non riguardano l'esercizio del suo mandato», l'espressione delle sue opinioni da parlamentare, condizione che avrebbe fatto propendere anche gli avversari politici per il no. Sulla stessa linea i Patrioti, dove siedono i leghisti. Determinante sarà il Ppe, che riconosce le falle del sistema giudiziario ungherese. Un'opzione allo studio è quella di trovare una formula per chiedere di consentire le attività investigative di Budapest su Salis, pur senza dare autorizzazione alla revoca.
«I collegi dovranno scegliere da che parte stare - conclude l'eurodeputata - e assumersene tutta la responsabilità, morale e politica: con lo Stato di diritto e la democrazia, o con il regime illiberale di Orbán, che con il suo gruppo dei «Patrioti» punta a imprimere una torsione nazionalista e autoritaria all'intero continente».