Politica

Conflitto d’interessi, è già guerra nell’Unione

Il Pdci: «Il provvedimento va approvato subito». Rifondazione: «Non ripetiamo l’errore del ’96»

Gian Maria De Francesco

da Roma

Come se non bastassero la Finanziaria e la riforma delle pensioni il governo dell’Unione ha aperto un terzo fronte politico per dare una spallata al centrodestra e al suo leader Silvio Berlusconi: il conflitto di interessi. La strategia ricorda quella attuata dalla Germania nel 1941 quando, già in difficoltà contro Gran Bretagna e in Africa, la Wehrmacht fu impegnata anche in Russia con l’Operazione Barbarossa. Ma se i tedeschi, almeno fino a quel momento, potevano contare su una solida coesione interna, lo stesso non vale per la maggioranza di centrosinistra.
All’ala radicale, che vorrebbe l’immediata estromissione dell’ex premier dalla vita politica, fanno da contraltare i moderati della coalizione, più orientati al dialogo con la Cdl. Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, ha già messo le mani avanti in tema di conflitto di interessi. «Penso che sia un errore madornale proporre il tema adesso, sapendo oltretutto che non abbiamo i numeri per affrontarlo», aveva detto al Giornale.
Mastella non è l’unico esponente della maggioranza a voler frenare gli intenti punitivi dei propri alleati. Il governatore diessino della Campania, Antonio Bassolino, si è sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda. «No a una legge contra personam», ha dichiarato in un’intervista pubblicata ieri dal Corriere della Sera. Ma Bassolino si è spinto oltre: una nuova legge sul conflitto di interessi deve essere l’inizio del «dialogo fra i due schieramenti», un dialogo che «deve nascere in Parlamento». Una vera e propria stoccata all’esecutivo considerato che un pool di saggi coordinati dal ministro Vannino Chiti sta lavorando a Palazzo Chigi su una proposta convergente ma in qualche modo alternativa a quella presentata dal capogruppo dell’Ulivo alla Camera, Dario Franceschini.
Secondo il presidente della Regione Campania, quindi, non è più tempo di «vendette intempestive», nemmeno per Romano Prodi. «Se qualcuno mira ancora a tramutare il conflitto di interessi nell’alibi per mettere a segno un esproprio ai danni dell’ex premier non ha capito dove va la storia», ha concluso Bassolino indicando proprio in Silvio Berlusconi il potenziale interprete di una nuova fase di dialogo per «condurre un confronto serio sulle riforme istituzionali».
Il premier Romano Prodi ha cercato di minimizzare per difendere una misura che gli sta particolarmente a cuore. «Vi assicuro - ha detto ieri alla Festa della Margherita - che non avrà intenti punitivi. Ci sarà un’impostazione tale da avvicinare l’Italia alle grandi democrazie. Varrà anche per gli amministratori degli enti locali».
L’intervento bassoliniano e le precedenti dichiarazioni di Mastella sono però stati stigmatizzati dalle altre componenti dell’Unione. Non è stato tenero il prodiano Franco Monaco che ha parlato di un «eccesso di zelo pompieristico tra le nostre file» ricordando come Berlusconi rappresenti un «caso esponenziale di conflitto di interessi che incombe sulla democrazia italiana». Il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha invece chiesto «un confronto fra le segreterie dei partiti dell’Unione» prima che in Consiglio dei ministri o in Parlamento sia affrontata la questione. «Dopo l’inciucio sull’indulto - ha aggiunto - chiediamo che questo segno di discontinuità inizi proprio dal conflitto di interessi. Non possiamo sempre “mastellare“».
Dalla sinistra radicale un coro unanime. «La legge va fatta immediatamente, è una delle priorità del nostro programma», ha detto Manuela Palermi (Pdci). «Non esistono ragioni affinché la questione possa venire rinviata; questo errore fu già commesso nel ’96, se dovesse riaccadere, gli elettori non ce lo perdonerebbero», ha dichiarato Graziella Mascia di Rifondazione. Rassicurante la diessina Anna Finocchiaro: «Se qualcuno pensa che l’Unione voglia colpire le ricchezze del presidente Berlusconi, pensa una cosa fuori da ogni logica».
Forza Italia fa quadrato e pensa anche a soluzioni estreme. «Ineleggibilità o incandidabilità sono incostituzionali», ha precisato il vicepresidente della Commissione Ue e autore della legge attualmente in vigore, Franco Frattini (Fi), invitando «quella maggioranza che troppo spesso resta silenziosa a scendere in piazza perché su questo tema c’è in gioco una questione di libertà». Allo stesso modo, il progetto di introdurre una nuova Authority con competenze in materia lede i principi della legge fondamentale. «Il presidente dell’Autorità - ha sottolineato - potrebbe decidere di affidare la gestione del patrimonio di Berlusconi all’ingener De Benedetti». Paolo Bonaiuti ha ricordato che «al Senato siamo pronti a qualunque misura».

Tra spaccature interne e resistenza dell’opposizione il rischio di una Stalingrado dell’Unione si fa sempre più concreto.

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