Scrive un concessionario: «A chi ha dato ragione la sentenza Placanica? Io sono in regola con lo Stato italiano e per questo non voglio ritrovarmi accerchiato da ctd che non hanno autorizzazione e non si sa se pagano le tasse e a chi le pagano. Sono confuso perché tutti dicono di essere dalla parte giusta». Considerazioni plausibili. E allora cerchiamo di fare chiarezza. La Corte di Giustizia Europea, con lormai celebre sentenza Placanica, è ritornata sui rapporti fra la legislazione italiana applicabile a giochi e scommesse ed il diritto comunitario con particolare riguardo alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi.
I giudici hanno sottolineato lincompatibilità con il diritto comunitario delle norme nazionali che limitavano alle sole società di persone la possibilità di ottenere le concessioni necessarie alla raccolta delle scommesse. Va tuttavia ricordato che queste norme sono già state abrogate dal legislatore italiano e pertanto il quadro regolamentare vigente risulta pienamente compatibile con il diritto comunitario. E non da ieri. La Finanziaria del 2003 (vedi lart. 22, n. 11) aveva già permesso a qualunque soggetto giuridico di partecipare alle gare per lattribuzione delle concessioni.
Allo stesso tempo la Corte di Giustizia Europea, particolare storico, ha riconosciuto per la prima volta che «un sistema di concessioni può costituire un meccanismo efficace che consente di controllare coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo allo scopo di prevenire lesercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti». Ma non basta. La sentenza riporta due affermazioni di particolare rilievo, in linea con lordinamento italiano: la prima rileva che «una politica di espansione controllata del settore dei giochi dazzardo può essere del tutto coerente con lobiettivo mirante ad attirare giocatori, che esercitano attività di giochi e di scommesse clandestini vietati in quanto tali, verso attività autorizzate e regolamentate»; la seconda rimarca che «gli operatori autorizzati devono costituire unalternativa affidabile, ma al tempo stesso attraente, ad unattività vietata, il che può di per sé comportare lofferta di una vasta gamma di giochi, una pubblicità di una certa portata e il ricorso a nuove tecniche di distribuzione».
In altre parole i giudici comunitari hanno riconosciuto il ruolo dei concessionari pubblici, soprattutto in quanto operano nellinteresse generale, e rimesso ai giudici nazionali il compito di verificare la congruità della legislazione italiana rispetto ai principi comunitari.
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