La Consulta «assolve» gli sprechi locali

Antonio Signorini

da Roma

Il decreto del governo che impone a regioni, province e comuni un taglio alle spese per consulenze, missioni all’estero, convegni e auto blu è illegittimo perché rappresenta «un’inammissibile ingerenza nell’autonomia degli enti quanto alla gestione della spesa». Il tentativo dell’esecutivo di porre un freno alle spese dei governi locali, quando non siano destinate ai servizi ai cittadini, rischia di infrangersi contro una sentenza della Corte costituzionale. La questione di legittimità era stata sollevata dalle giunte regionali di Toscana, Campania, Val D’Aosta e Marche. I governatori avevano preso di mira un vecchio provvedimento, il decreto tagliaspese varato nel luglio 2004, ma la decisione della Consulta rischia di avere ripercussioni anche sulla Finanziaria 2006. Per la precisione potrebbe far diventare incostituzionali i commi del maxiemendamento che prevedono, proprio come il provvedimento d’urgenza varato l’anno scorso, un freno alle consulenze, alle spese per convegni e pubblicità e a quelle per le auto blu. Almeno questa è la speranza del centrosinistra e anche dei governatori che ora chiedono cambiamenti sostanziali nella manovra. Ma il ministero dell’Economia non la pensa così. «Non c’è trippa per gatti e neppure per Prodi e Fassino» perché «la Finanziaria non è toccata dalla sentenza della Corte», ha assicurato una fonte del Tesoro secondo la quale, in realtà, le regioni «hanno perso su tutti i punti fondamentali del loro ricorso». I vincoli anti spese pazze contenuti nella manovra, spiega la fonte, sono di tipo «programmatico indicativo», mentre il vecchio tagliaspese era di tipo «dispositivo-normativo». In altre parole si suggerisce far partire i risparmi dagli sprechi, ma se «regioni, province e comuni, in base alla sentenza, scelgono di partire dai tagli ai cittadini, conservando auto blu e consulenze, possono anche farlo, così assumendosene, con tutta trasparenza, la responsabilità politica».
Quello che è certo è che la sentenza fa salva la facoltà del governo nazionale di porre limiti all’entità del disavanzo e anche alla crescita della spesa corrente, ma solo «in via transitoria» e per obiettivi specifici. In altre parole il governo di Roma può decidere quanto far tagliare ai sindaci e ai governatori, ma non cosa tagliare. Nessuna modifica in vista, quindi, ai limiti generici alla spesa.
E secondo il governo è proprio questa parte della sentenza a garantire l’integrità dell’impianto complessivo della manovra.«L’impatto sulla Finanziaria - ha assicurato il ministro Giulio Tremonti - è pari a zero. Se c’è da modificare qualche parola, volentieri, ma la Finanziaria resta solida e non variata». Semmai, secondo Tremonti, quest’ultimo episodio è la prova che «serve il federalismo fiscale». Quasi certo, a questo punto, un irrigidimento dei vincoli contenuti nel Patto di stabilità interno. «Non potrà non essere rafforzato», ha spiegato il viceministro all’Economia Giuseppe Vegas. Di diverso avviso il centrosinistra che punta a cambiamenti sostanziali.

I rappresentanti delle regioni hanno incassato la vittoria sul tagliaspese e, per bocca del presidente della Conferenza delle regioni Vasco Errani, hanno chiesto «una revisione sostanziale» della manovra. Ancora più chiaro Claudio Marini, governatore della Toscana. Senza cambiamenti - ha spiegato - la sua giunta potrebbe anche «disubbidire».

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