A contare le critiche l’operazione si farà

da Milano

Unicredit e Capitalia: si fa o non si fa? Non è facile capirlo, ma forse qualche segnale che l’operazione si faccia, e presto, si può trovare. Basta notare le illustri prese di posizione contrarie o perlomeno singolari. Come a testimoniare che il deal preoccupa. Dunque si farà.
E non è forse un caso che a manifestare perplessità siano settori vicini al mondo Intesa Sanpaolo, unica banca italiana che concorre con Unicredit per dimensioni e potere. Così ieri Giuseppe Guzzetti, presidente della Cariplo (grande socio di Intesa) in un’intervista alla Tribune ha «invaso il campo» con una dichiarazione ben precisa. «Mi pare di capire che le Fondazioni azioniste di Unicredit siano favorevoli alla fusione con Socgen», e dunque non a quella con Capitalia, dice Guzzetti in maniera di certo irrituale, visto che si riferisce alle mosse del concorrente.
Sulla prima pagina della Stampa di ieri è Enrico Deaglio a mettere in guardia sui rischi della fusione. Una posizione forte, quella espressa dal quotidiano torinese, che nelle cose della finanza prende spesso le parti di Intesa che ha a Torino la sua sede legale. Sottolineando la concentrazione di potere che UniCapitalia otterrebbe su Mediobanca, Generali e il Corriere, Deaglio scrive che «sarebbe molto grave» se la fusione fosse dettata «da ragioni di puro e semplice potere». Inoltre l’operazione «farebbe nascere molti pericoli»: che le dimensioni «risultino troppo ingombranti in termini di potere», e che le due culture «non riescano a fondersi in tempi ragionevoli».

L’impressione che resta è che la rivalità Intesa-Unicredit sia sempre più marcata (come hanno dimostrato Passera e Profumo: il primo a respingere le accuse di Mario Monti di «governo occulto», il secondo a dire che vanno prese sul serio). Antagonismo che nell’operazione Capitalia-Unicredit potrà avere il suo peso.

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