La Contessa di Castiglione escort esosa

Nella storia erotica del Risorgimento di Giancarlo Fusco di cui il Giornale ha parlato si citano le donne di Garibaldi, Bixio, Cavour, eccetera. Voglio far notare che sono donne da gossip, che non hanno nulla da spartire con il Risorgimento. Non si è parlato invece di una donna che ha attinenza con il Risorgimento. Questa donna è la contessa di Castiglione. Il geniale Cavour chiamò a sé la contessa e la convinse ad andare in Francia per tenere buono sotto le lenzuola Napoleone III. Oltre ai Mille e all’esercito piemontese, occorre annoverare la contessa di Castiglione tra i promotori del Risorgimento.
Cervinara (Avellino)

Non si arrabbi, caro Cillo: e chi gliela tocca la sua Contessa di Castiglione, proprio ora che già rullano i tamburi per il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia? Però non mi tratti le Rosalie Montmasson da «donne da gossip». Anzi, sa cosa le dico? Le dico che caso mai donna da gossip era proprio la sua Nicchia, sissignore. Gossip sta per pettegolezzo, no? Bene, nella Parigi del Secondo Impero, spumeggiante di belle e vivaci grandes horizontales, nessuna calamitò tanto gossip come la Castiglione, nostra cara zietta della Patria. Nessuna fu più paparazzata di lei (Robert de Montesquiou - il barone Charlus della Recherche - riuscì a collezionare 434 cliché della Castiglione), nessuna più tenuta d’occhio e d’orecchio. Ne facemmo e ne facciamo l’eroina che sacrificò se stessa - quanto meno le proprie grazie - sull’altare dell’amor di patria. Però nessuno ha mai potuto dire cosa ottenne alla causa coricandosi con Napoleone per poi servirgli quel corroborante consommé di fagiano che l’Empereur reclamava al termine d’ogni, diciamo così, assalto. Secondo lei come andarono le cose? Con la Castiglione che diceva: «Dài, imperatorone mio, fammi contenta, fammela ’sta unità d’Italia»? E l’altro che le rispondeva: «Vabbé, te la faccio! Tutto per farti felice bel bocconcino»?
Non scherziamo, Cillo. Forse e anzi sicuramente Nicchia di Castiglione fu la più bella delle maîtresse-en-titre. Ma non così importante e sopra tutto non così influente come si vorrebbe far credere. Anche perché a Napoleone le amanti venivano subito a noia e le cambiava con tale frequenza da esser chiamate, a corte, le plat du jour, il piatto del giorno. Qualche nome? E cosa ci mette, uno come me cultore della petite histoire? Désirée Alexandrine Vergeot, miss Howard, Elisabeth Hauger-Hugenschmidt cucitrice in bianco alle Tuileries, Valtesse de la Bigne che sarà poi la Nanà dell’omonimo romanzo di Emile Zola, Marguerite Bellanger, Pascalie Corbière che tenne a balia gl’imperial bastardini (o si dice meticcini?), mademoiselle Sauvez, Madame de Malaret, madame de Cadore, madame de Labédollière, la marchesa de Paiva, Valentine Haussman per non dire di un’altra italiana, la contessa Walewski (Ricci, da nubile). Della quale il principe dei pettegoli del Secondo Impero, l’impareggiabile Horace Viel-Castel, racconta che alla inaugurazione delle nuove fontane delle Tuileries ebbe a osservare: «Molto ben fatto, ma questo apparato idraulico sarà costato caro...». E il maresciallo Vaillant, ministro della Casa imperiale (colui che provvedeva alle spese personali di Napoleone III), secco: «Meno, molto meno del vostro, madame».

A un invitato che gli rimproverò l’inurbana e assai sconcia replica Vaillan rispose, sibilando: «Ma lo sa che le performances della contessa ci costano la bellezza di quattro milioni di franchi?». E pensare che oggi le escort più pretenziose s’accontentano d’un mille euri.

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