Gian Maria De Francesco
da Roma
«Non abbiamo ancora i numeri definitivi. Non abbiamo ancora parlato di cifre». Dopo lestenuante e pedissequo lavoro della Commissione Faini, che di fatto ha spodestato dalle sue competenze la Ragioneria generale dello Stato, e dopo la lunga serie di vertici interministeriali e incontri multilaterali con le parti sociali, ieri da Bruxelles il premier Romano Prodi non si è peritato di affermare che la definizione dellentità della stangata che attende i contribuenti tra manovra-bis e Finanziaria 2007 è un processo ancora in fieri.
Di ritorno dalla capitale belga il presidente del Consiglio ha perciò organizzato un summit di oltre tre ore con i ministri economici del suo gabinetto. Un altro giro dorizzonte per riordinare le idee in vista del Dpef insieme al ministro dellEconomia Padoa-Schioppa, dello Sviluppo Bersani, del Lavoro Damiano e delle Infrastrutture Di Pietro. «Non è stata presa nessuna decisione definitiva. Ci saranno almeno altre 6-8 riunioni in modo da arrivare al 7 luglio con un Dpef il più armonico fattibile, il meno traumatico possibile». Questo è quanto trapelato da Palazzo Chigi.
La cifra di 40-45 miliardi come ammontare complessivo dellintervento correttivo e della legge di bilancio è, infatti, stata diffusa ufficiosamente da ambienti sindacali e allinterno degli ambienti ministeriali nessuno si è sentito di escluderlo fino in fondo. Come ha spiegato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, «i numeri si possono desumere se si pensa che il governatore di Bankitalia ha parlato di necessità di un intervento da 2 punti di Pil e che Padoa-Schioppa ha confermato la necessità di una manovrina, e qui almeno un altro punto. Se i conti non sono sbagliati si tratta di tre punti di Pil che corrispondono a 40-45 miliardi».
Il ragionamento di Bonanni, infatti, non fa una piega. Laccelerazione del rientro del deficit, che tende a espandersi in quanto il governo ha incluso interventi di spesa pubblica non regolati dalla precedente Finanziaria, impone una supermanovra 2007 da almeno due punti di Pil, ovvero circa 28 miliardi di euro. A questi si possono aggiungere tanto il taglio del cuneo fiscale di cinque punti promesso a Confindustria (altri 10 miliardi) quanto unazione efficace contro levasione fiscale. Al vertice di ieri il ministro Di Pietro ha ancora una volta sollecitato nuovi fondi per Anas e Ferrovie dello Stato. Su queste ultime anche Padoa-Schioppa ha rilevato lopportunità di un intervento. Secondo quanto dichiarato da Di Pietro recentemente per strade e ferrovie servirebbero 10 miliardi. Nellipotesi di completa assegnazione delle risorse richieste il tetto dei 45 miliardi sarebbe superato.
«La medicina sarà amara e molto pesante», hanno fatto notare dai ministeri. E pure Prodi stesso ha notato che «lo stato dei conti non ci permette di destinare alla crescita quante risorse avremmo voluto» ma che sarà rispettata una sorta di legge delle «tre e» (equilibrio, efficienza, equità). Appare pressoché scontato lannullamento del secondo modulo della riforma fiscale (oltre 7 miliardi) e non è escluso un intervento sulle aliquote Iva (ogni punto in più garantisce un gettito di circa 4 miliardi) sul modello tedesco anche se il premier ha precisato che «non si possono applicare automaticamente le stesse misure che ha adottato un altro Paese». Aggiungendo a queste prime ipotesi un taglio delle spesa pubblica (in primis quella dei ministeri) difficilmente si raggiunge la cifra di 20 miliardi. Giocoforza si dovrà metter mano a una patrimoniale tenendo conto che il Professore ha definito «iniqua» la redistribuzione del reddito negli ultimi anni. Un super-aumento della tassazione delle rendite finanziarie (superiore al 20% fin qui indicato come soglia) e laggiornamento degli estimi catastali potrebbero portare un gettito consistente.
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