Da Brema, nord della Germania, città adagiata sul fiume Weser, prima tappa del ritorno all’attività dell’Uefa (si giocano i sedicesimi di finale), telegrafano quelli del Milan. «Il derby continua», mandano a dire. Più che una minaccia, poco attendibile di questi tempi, sembra quasi una promessa, sotto voce, di immediato riscatto. Già perchè tre giorni dopo l’amaro e polemico epilogo della sfida con l’Inter decisa da una gelida manina (Adriano), c’è l’ appuntamento che può rinvigorire la rivalità milanese mai sopita.
Davanti al Werder che mise sotto Mourinho e i suoi nel girone di Champions league (pareggio 1 a 1 a San Siro, successo rotondo e convincente dei tedeschi al ritorno, magico eversore Pizarro), si presenta il Milan di Ancelotti mai arrivato oltre il confine della semifinale in coppa Uefa. Guarda caso, l’ultimo precedente in materia è datato 2002, con Carlo Ancelotti da qualche mese arrivato sulla panchina tolta a quella sciagura di Terim: a Dortmund, contro il Borussia di Marcio Amoroso e Koller, i rossoneri presero una memorabile “bambola”, 4 a 0 le dimensioni della sconfitta. Tanto per cambiare la difesa rossonera finì sotto accusa e Maldini e Laursen, i guardiani del faro dell’epoca, risultarono sbertucciati in pubblico dalla critica. Sette anni dopo, il Milan si trascina in Europa oltre che lo storico ritardo (mai entrata la coppa Uefa nella bacheca del club più titolato al mondo), il solito difetto accentuato nell’occasione dalle notizie malinconiche sul conto di Nesta. Il difensore romano è stato operato ieri mattina dal professor Fornari: dovrà osservare 15 giorni di riposo assoluto, fra tre mesi il primo controllo per capire se potrà mai riprendere a giocare. I precedenti parlano in modo crudele: Serginho l’ultimo milanista a ritirarsi dopo l’intervento alla schiena per eliminare chirurgicamente l’ernia.
Anche stasera, a Brema, il Milan deve improvvisare una difesa approssimativa con Dida in porta, e Bonera con Senderos al centro. Il Werder, per il Milan, è una specie di portafortuna: due volte lo incrociarono in coppa Campioni, una Sacchi e l’altra Capello, e due volte il club vinse il trofeo continentale, a Barcellona e Atene.
Di sicuro l’Uefa è lo spartiacque per la riconferma o meno di Ancelotti a Milanello: può diventare un modesto risarcimento del mancato scudetto, obiettivo dichiarato a inizio di stagione. Ma più importante ed economicamente decisivo rispetto alla stessa Uefa, accarezzata «solo perchè ci consente di giocare una finale a Montecarlo» la didascalica spiegazione del tecnico, è il piazzamento finale in zona Champions. Un club come il Milan, in periodo di recessione economica e dopo aver rinunciato a fare cassa con la cessione di Kakà, non può certo permettersi di perdere per il secondo anno consecutivo gli introiti provenienti dalla coppa più prestigiosa.
«Ci sono periodi buoni e altri negativi, ma il Milan tornerà a vincere»: l’incoraggiamento meno atteso e forse anche più convincente è firmato da un esponente di spicco della comunità milanista uscita a mal partito dal derby, si tratta di Riccardino Kakà in ritardo sul recupero previsto per la sfida col Cagliari. Sono parole che hanno massaggiato il cuore dei tifosi milanisti: «determinante il loro affetto», la confessione tenera del brasiliano. «La proposta del Manchester City era molto conveniente, sono rimasto perchè ho pensato alle cose che ho vinto e a quello che voglio ancora vincere con questa maglia» l’altro passaggio patriottico dell’intervista concessa a un Tv brasiliana di sicuro impatto su Milanello e dintorni. Promosso a pieni voti, infine, il contributo dato da Ronaldinho. «Continua a essere un grande dentro e fuori dal campo, ha cambiato il suo modo di giocare ma resta un genio, ora ha più esperienza, capisce i momenti importanti della partita e dà il massimo» la descrizione di quello che viene sempre presentato come il suo grande rivale.
Non meravigli la scelta di puntare su Pippo Inzaghi centravanti.
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