da Milano
È sceso giù dal Nord, devastando lEuropa, veloce e violento. In Svizzera ha toccato i 225 chilometri orari. Poi luragano Kyrill si è infranto contro le Alpi. Limpatto lo ha indebolito, frantumato, fiaccato, ma è riuscito a raggiungere in Italia. Ma a questo punto il suo nome fa un po meno paura. Qui, da noi, non cè una cultura delluragano, quando la natura si ribella, di solito, preferisce far tremare la terra. Abitazioni che crollano, macerie, polvere e calcinacci. Le pareti che ti cadono addosso e la casa che diventa tomba. La tempesta che arriva dal Nord, invece, fa più paura fuori, nelle strade, quando il vento ti strappa allimprovviso dal terreno, come si è visto in questi giorni in Germania o in Olanda, con signore che si attaccano ai pali e uomini che sembrano sul punto di spiccare il volo. Le morti provocate da Kyrill sono il tronco che precipita sulle auto, gli alberi strappati alla terra che volano in cielo come armi micidiali. Camion, treni e auto che si ribaltano. Il ciclone si diverte a creare effetti speciali, con i binari sradicati e le città al buio, senza elettricità e come colonna sonora solo il sibilo veloce del vento. I climatologi dicono che Kyrill è uno dei cicloni più devastanti degli ultimi 20 anni in Europa. Qualcuno dice che dobbiamo imparare a conviverci con questi eventi atmosferici fuori misura. Non è un caso, infatti, che una delle invenzioni più apprezzate del 2006 sia stato «hurriquake», il chiodo a prova di uragano. Linventore è lingegnere americano Ed Sutt, Il chiodo è costruito in modo da ottenere attraverso le particolari sfilettature la massima resistenza di fronte ad un uragano: non si spezza neppure se viene investito da una raffica a oltre 270 chilometri all'ora. Costo? Solo 15 dollari in più rispetto a quelli normali.
Ma qui siamo nel futuro. Il presente sono le polemiche scoppiate soprattutto in Germania, dove sotto accusa finisce la protezione civile. È vero, luragano era devastante, ma il modo di gestire i soccorsi a molti osservatori è apparso lento e inefficiente. La colpa, per qualcuno, è del federalismo. Willi Streitz, studioso delle catastrofi naturali presso l'università di Kiel, attribuisce la colpa della scarsa efficienza del sistema di prevenzione e soccorso alla struttura federale del Paese: «In Germania la protezione civile non esiste. La competenza è affidata ai laender e abbiamo 16 regolamenti diversi.
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