nostro inviato a Torino
Alla fine hanno vinto loro, i vespisti. E sono pacificamente calati in massa su Torino. Anche quelli che sulla carta, non avrebbero trovato posto. Che non avrebbero trovato un buco dove dormire.
Perché Torino, nel week-end che ci siamo appena lasciati alle spalle rischiava di scoppiare, tra Gay Pride, bersaglieri, e un piccolo drappello di Topolino. Tutti in corteo. Tutti in città.
E invece, questEurovespa 2006 passerà alla storia per aver polverizzato ogni record polverizzabile. Quattromilacinquecento iscritti, mille in più del limite stimato e in qualche modo imposto dagli organizzatori, per un totale di oltre ottomila persone. Un raduno che già nasceva sotto una congiuntura astrale particolare: edizione numero 40, nel sessantesimo compleanno dello scooter più conosciuto al mondo. E che mai, come in questo momento, è trasversalmente ambito e inseguito dalle generazioni più differenti (chiedetelo al signor Macedonio, 84 anni, star del raduno), nei più disparati luoghi del pianeta. «Perché la Vespa è unaltra cosa, perché la Vespa ha unanima dacciaio e un cuore che pulsa, che ti fa innamorare, la puoi anche dimenticare per anni nella casa della mamma, nel box, nella stalla, ma prima o poi la vai a riprendere. La rispolveri, la restauri. Torni ad accarezzarla, perché non puoi fare a meno della sua voce», dice Roberto Leardi, meticoloso autore di monografie tecniche sulla Vespa, un passato agonistico glorioso alla guida della sua mitica Gs 160 e oggi presidente del Vespa Club dItalia (240 sezioni, ventimila soci) e del Vespa World Club, il neo-organismo sovranazionale nato dalle ceneri della Fiv. Che Leardi abbia ragione, eccome se ha ragione, lo si legge negli occhi di mister Yang, il presidente dei Vespa Club, emulo di Berlusconi nellisola di Taiwan, proprietario di sessanta esemplari, praticamente uno per ogni anno della produzione Piaggio, di questo sogno a due ruote.
Nella lunghissima sera che metabolizza la delusione di Italia-Usa e le ridondanze carnascialesche dei gay, Torino si riconcilia con lordinaria normalità di migliaia di vespisti. Lo sottolinea lapplauso spontaneo e liberatorio che accoglie la carovana quando approda in piazza Castello con lallegra colonna sonora dei clacson. Audrey Hepburn e le sue Vacanze romane con le canzoni di Elvis per gli Anni Cinquanta, la minigonna e i Beatles per i Sessanta, poi gli hippies dei Settanta e i brani di Barry White. Le indossatrici, sul palco, cambiano dabito, la Vespa cambia look ma resta sempre e comunque la Vespa, insperabile compagna e complice di mille avventure. È quasi mezzanotte quando Marco Zangrilli, direttore di Eurovespa Torino 2006 cerca di concedersi la pausa di una chiacchierata con noi sotto il palco di piazza Castello. Cerca, appunto. Perché cè il vespista spagnolo che non riesce più a riaccendere i fanali del suo mezzo vintage. Perché la signora, venuta da Marsiglia si è fatta male al braccio e gli chiede di mettere al riparo il suo curiosissimo scooter, addobbato con un cestino di frutta e verdura. Lo chiamano a gran voce sul palco Marco, fantasioso regista di una manifestazione che, in tre giorni, ha fatto rimbalzare il nome di Torino e della Vespa dalla Norvegia («eccoli là sono una decina, ne hanno macinati di chilometri») a Nuoro («sono in diciassette, quelli invece sono scesi dal traghetto a Genova»), dalla Polonia a Taiwan. Stanco? «A pezzi, ma troppo contento e troppo emozionato, perché tre giorni e tre notti con i vespisti e le Vespa ti caricano come una molla».
Il raduno in una battuta: «Come si fa a non sentire un brivido che ti corre giù per la schiena quando stai dentro una nuvola di Vespa che sfilano per la città. Una nuvola che dura venticinque minuti prima di dissolversi lentamente». Marco e poi ancora Marco: il telefonino che squilla, le mani da stringere, i consigli da chiedere solo a lui che per fortuna ha trovato un amico e un tesoro in Davide Pogliacino, suo interfaccia. Gli hanno persino rubato la sua Et4, a Marco, nel primo giorno della manifestazione. Che smacco per lui che è socio dello storico Vespa Club Torino.
Ma il popolo dei vespisti, rovistando tutta la città, a sera laveva già ritrovata. «Sparire e riapparire: è unaltra magia che solo la Vespa ti può regalare», ride Zangrilli. Quando nel 2004 a Lisbona è stata scelta Torino per ospitare Eurovespa che cosa ha pensato? «Che ce lavremmo fatta. Ma non immaginavo certo che mi sarei sentito dire, come stasera, che siamo stati straordinari». E adesso? «Adesso stiamo già pensando al futuro di Eurovespa - annuncia il presidente Leardi - che potrebbe essere a San Marino. In ogni caso i vespisti stiano tranquilli: dora in poi saranno sempre coccolati, come loro, come tutti noi facciamo con le nostre Vespa».
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