Così gli altipiani delle star olimpiche si sono trasformati in un grande affare

Il Paese africano sta crescendo e anche le iniziative private. Come quella di attirare i turisti che amano l'atletica e farli correre assieme a dei campioni

Così gli altipiani delle star olimpiche si sono trasformati in un grande affare

L'Etiopia se n'è accorta in ritardo, ma alla fine ha compreso. Le imprese dei campioni di atletica leggera stanno per diventare la gallina dalle uova d'oro, non solo per l'immagine dell'ex colonia italiana, che ha già svoltato da qualche anno sotto il profilo economico, ma soprattutto per rastrellare un bel po' di soldi. A cogliere la palla al balzo è stata una giovane ingegnere di 34 anni, Rekik Bekele, che dal 2013 ha deciso di mettere in piedi Run Africa Sport Travel, un'estemporanea agenzia turistica votata all'atletica. «Siete appassionati di corse? Vi facciamo rivivere le emozioni dei nostri leggendari olimpionici», si legge sulla brochure. In un pacchetto «all inclusive» viene offerto ai turisti (il costo è di circa 2mila dollari per sei giorni) la possibilità di correre sugli altipiani etiopi, seguire corsi con allenatori che vantano vittorie alle olimpiadi e misurarsi addirittura con alcuni tra i talenti dei 5mila, 10mila metri e maratona che prenderanno parte il prossimo anno ai giochi a cinque cerchi di Tokyo. «È iniziato tutto in sordina - racconta Rekik - sei anni fa ho inaugurato l'agenzia quasi per scommessa. Il giro d'affari è stato un po' deludente. Solo sessanta persone hanno deciso di comprare il pacchetto, ma non mi sono persa d'animo». Rekik, che da ragazza correva le maratone senza conseguire i risultati dei suoi più celebri connazionali, ha cominciato a martellare i social con messaggi pubblicitari, ma il vero successo è arrivato attraverso il passaparola dei partecipanti alle prime stagioni turistiche. «Erano tutti entusiasti - spiega - e hanno condiviso la loro esperienza su Facebook e Instagram. Testimonianze e foto sono risultate determinanti per generare un piccolo miracolo». Così lo scorso anno gli iscritti sono stati più di 2mila e per il 2019 Rekik non nasconde la possibilità di raddoppiare i numeri.

Inutile nasconderlo: tutto ruota attorno alle suggestioni dell'impresa di Abebe Bikila alle Olimpiadi di Roma. Le foto del leggendario maratoneta fanno capolino un po' ovunque nella sede dell'agenzia, dove lavorano in tutto cinque persone. Aprendo il cassetto della memoria bisogna viaggiare a ritroso nel tempo fino al 10 settembre 1960, ritrovando la sagoma di un uomo magro e scalzo che corre verso l'Arco di Costantino, traguardo della Maratona. Bikila fu il primo atleta africano a vincere una medaglia d'oro, aveva 28 anni, ma solo da 4 gareggiava nelle competizioni di atletica. Quella di Roma era la terza Maratona di tutta la carriera. Alla partenza della gara si presentò a piedi nudi: le scarpe consegnategli per la corsa gli creavano dei problemi, non era abituato a calzarle, e l'etiope se le tolse. Dopo la vittoria i giornalisti lo interrogano sulla scelta bizzarra. Lui rispose: «Ho voluto che il mondo sapesse che la gente del mio paese, l'Etiopia, ha vinto sempre con determinazione ed eroismo». Il trionfo di un corridore a piedi nudi proveniente da un povero paese africano si impresse nell'immaginario collettivo. L'oro scalzo di Bikila diventò il simbolo della volontà incrollabile in grado di superare ogni ostacolo.

Bikila fu il precursore, ma a distanza di quasi sessant'anni per i giovanissimi africani correre continua a rappresentare l'opportunità, anche se minima, di sfuggire a una magra esistenza per inseguire il sogno del successo sportivo. E il destino ha voluto che proprio nel 1973, lo stesso anno della morte di Bikila, in una piccola fattoria a circa tremila metri sul livello del mare, nel villaggio di Asela, venisse alla luce un altro mito vivente dell'atletica mondiale: Haile Gebrselassie. A ruota tutti gli altri, un firmamento di grandi stelle emerse come d'incanto dalle vallate che solcano questa sperduta terra del Corno d'Africa. Curioso osservare che gli ultimi fuoriclasse delle lunghe distanze provengono da un'area ben delimitata, larga appena un centinaio di chilometri, a sud di Addis Abeba: la provincia di Arsi sull'altopiano di Oromia, dove sorge Bekoji, e dove naturalmente Run Africa ha deciso di allestire il suo quartier generale.

Rekik ha affidato la direzione sportiva dei corsi a Negash Habte che ha allenato dozzine di atleti d'élite come Amaz Ayana o Kenenisa Bekele. L'intero contesto emula le condizioni in cui ha avuto inizio la carriera di Bikila e di tutti quelli che lo hanno seguito. Al Run Africa non si conosce il lusso delle palestre occidentali né i comfort dei campus internazionali. Sembrano quasi novelli Robinson Crusoe, rapiti da una parabola morale e ideologica sul valore dell'individuo abbandonato alla natura, senz'altro sostegno né appiglio reale se non il legame diretto con se stessi. Gli ospiti della vacanza si allenano sulla nuda terra e concludono la trasferta in Kenya con una maratona o una corsa di fondo celebrativa. «Chiamarla vacanza mi sembra davvero riduttivo - aggiunge Rakik - ci sono momenti di relax con le escursioni alla Rift Valley o gli shooting fotografici, poi tanta corsa. Podisti dilettanti, impiegati di banca, imprenditori, casalinghe e studenti provenienti da mezzo mondo vivono la quotidianità in maniera spartana».

Tra i testimonial di Run Africa figura una delle campionesse indiscusse della corsa al femminile, Tirunesh Dibaba, la migliore mezzofondista al mondo. In carriera ha collezionato tre titoli olimpici, uno nei 5000 metri e due nei 10000 metri piani, nonché cinque titoli di campionessa mondiale. Detiene il primato mondiale dei 5000 metri, stabilito nel 2008 a Oslo. Già dal nome Tirunesh, che in amarico significa «sei bravo», si poteva intuire che fosse una predestinata.

«Il mio compito a Bekoji è quello di stimolare i turisti, regalandogli una visione differente della corsa. Nessuno tra loro sogna un futuro ad alti livelli o un passaggio olimpionico, ma respirare l'aria della patria del podismo diventa un'esperienza unica al mondo».

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