Caro Direttore, oggi approda in Cassazione l'allucinante vicenda che vede «ostaggio» in Italia il pronipote di Giovannino Guareschi. «Andrea» (nome di fantasia) è figlio di mia sorella Giovanna, la «Fenomena» descritta nei racconti che ancora tanti ricordano. Non ci conosciamo personalmente, caro Direttore; tanto piacere, allora, anche se la circostanza non è delle migliori e la data aggiunge il carico da undici.
Tredici mesi fa ci hanno tolto un bambino. Quel «ci» intende la famiglia Guareschi che, tra figli nipoti e pronipoti di Giovannino Guareschi veleggia tranquillamente sulla trentina, tutti in ottima salute. In realtà, stando alla tesi di un paio di poliziotti e un paio di assistenti sociali dell'insospettabile provincia di Parma, noi saremmo una sorta di clan criminale, finalizzato al maltrattamento sistematico di Andrea. A fine maggio si è consumato uno degli atti più penosi del dramma narrato anche dal tuo bravo Stefano Zurlo: la sospensione a divinis dei rarissimi incontri madre-figlio, centellinati dall'assistenza sociale di Fidenza. Un decreto globale vieta a tutto il parentado Guareschi qualsiasi contatto col piccolo. Perché, caro Direttore? Perché - afferma il degnissimo documento - la famiglia della mamma nutriva il bambino con la cacca.
Dal momento che noi Guareschi non vediamo Andrea da oltre un anno, si tratta probabilmente di una reminiscenza postuma tipo: «Sai, psicologa, ora che ho quasi 4 anni ricordo che quando ero neonato la mia genitrice, e tutto il suo condominio, oltre a bastonarmi, farmi chiedere la carità, avvelenarmi e incatenarmi nel camino per poi abbandonarmi, ecco, altresì mi nutriva a sterco». (Il buon Montalbano direbbe: la merda ci trasi per il feto che permea il tutto). Due passi indietro. La storia, kafkiana, ha un paio di punti fermi. Il primo è che mio nipote Andrea, nato e residente in Svizzera, era un bambino amato e sereno fino al giorno in cui è stato tolto alla madre, unica affidataria. Il secondo è che i frequenti incontri col padre, benestante agricoltore della Bassa parmense, erano disciplinati dall'autorità regionale svizzera per i minori, che vegliava sul piccolo, visto anche i rapporti tra l'uomo e l'ex compagna. Definita prostituta di fronte al figlio, Giovanna è anche stata denunciata per maltrattamenti: esperite le indagini, la Svizzera ha rinviato le accuse al mittente. Accuse invece prontamente accolte dall'Italia, non si capisce bene in virtù di cosa.
Nel giugno 2006, il colpo di mano. Andrea è trattenuto dal padre: fulmineo, il Tribunale dei minori di Bologna recepisce l'articolo 403 proposto dalla Questura di Parma - concepito per bambini abbandonati, ridotti all'accattonaggio o cresciuti in ambienti materialmente e moralmente non idonei - ed emette un decreto che affida il bambino ai servizi sociali italiani, che lo piazzano presso il padre. Gioco fatto, legge internazionale aggirata.
L'inizio dell'orrore, via dalla mamma il bimbo era portato in ospedale. Abbiamo scoperto che da dicembre 2005, durante le visite in Italia, Andre a era sistematicamente ricoverato in ospedale, visitato, osservato e psicanalizzato da un agguerritissimo piccolo pool, che ha costruito tutta una serie di «presunte prove» autoreferenziali, vistate con insolita celerità dalla Corte minorile. La madre, unica affidataria, non è mai stata interpellata. Invece di giocare, mio nipote era «studiato». Aveva 2 anni e mezzo.
Da allora è un incubo infinito. Da Roma a Bologna, passando per Parma e Fidenza, finora è stata scientemente ignorata la vita in Svizzera di Andrea. Felice e soprattutto ben documentata. Così negli ultimi 12 mesi madre e figlio si sono incontrati un'ora ogni 15 giorni, mai da soli, per circa 22 ore complessive, servite per dipingere un quadro pessimo dei rapporti, definiti - nella migliore delle ipotesi - morbosi, nel quadro «problematico assai» della famiglia materna. Mah. Nessuna considerazione della disperazione di Andrea, che supplicava la madre di portarlo via, al termine dell'ora canonica. Anzi, Giovanna è stata diffidata dal ricordare al bambino la sua vita in Svizzera: in pratica, pare già ordita e stabilita la sua permanenza definitiva in Italia.
«La setta satanica guareschiana non appartiene più all'umanità bensì al demonio»: così ci ha squisitamente definiti il padre di Andrea. Sai, Direttore, la calunnia è un venticello, e da oltre un anno la mia famiglia è accusata senza diritto di replica «della qualsiasi» ai danni del nipotino; manca solo il sospetto di pedofilia ma, visto l'andazzo generale, anche questo non tarderà ad abbattersi su di noi, temiamo.
In tutta questa vicenda, stupisce l'accanimento riservato alla famiglia Guareschi, con una serie di provvedimenti di inaudita gravità. Premesso che la giustizia svizzera ha acclarato la posizione di Giovanna, io mi interrogo genericamente sul ruolo dei servizi sociali: sono chiamati a riunire o a distruggere le famiglie? Nel caso in questione, pare chiaro l'intento di demolire la figura materna, per sradicare il bambino. Già l'anno scorso Bologna lo ha blindato in Italia senza prova alcuna di maltrattamenti se non le accuse rivolte dal padre. Per rivederlo, i nonni Guareschi - a questo punto notoriamente infami da far impallidire Landru - erano in pratica invitati a sottoporsi a visite psichiatriche.
Noi non sappiamo più a chi chiedere aiuto.
Eh, caro Direttore, mio nonno Giovannino Guareschi mi direbbe, probabilmente, che l'impunità non esiste. E allora, viva la giustizia, pur con l'amara consapevolezza che i cattivi amministratori non sono rari. Ti ringrazio per lo spazio e ti saluto caramente.
Maddalena Guareschi
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