Con Viktor Yuschenko sono andati giù un po’ più duri. Gli hanno servito una minestrina a base di Tcdd. Diossina. Anzi il peggior tipo di diossina che esiste al mondo. Con un brodino gli hanno ridotto la faccia un colabrodo. Ma agli agenti russi non si può certo rimproverare mancanza di senso dell’umorismo. Per colpire il leader della rivoluzione arancione non hanno usato a caso il Tcdd, che, quando si dice le coincidenze, è noto per essere il componente principale dell'«agente arancio», il diserbante cancerogeno utilizzato in Vietnam dagli americani per disintegrare la vegetazione che nascondeva i sentieri su cui si muovevano i vietcong. Praticamente nella minestrina hanno sostituito il napalm al formaggino Mio. Con Yulia invece no. Hanno preferito sfigurarla con una figuraccia. I russi sono fatti così. Se qualcuno non va loro a genio lo fanno fuori. In un modo o nell’altro altro. Senza per forza usare il polonio. Con Yulia di certo sono stati più velenosi.
Le hanno confezionato un film su misura. Scritto e diretto dal compagno Aleksey Mitrofanov, deputato ultranazionalista, ma lui preferirebbe essere chiamato membro, della Duma, gruppo di Vladimir Jirinovski, un altro che vi raccomando. Ventisei minuti soli di pellicola che, se volete, potete scaricare a 50 rubli dal sito di Mitrofanov. Sempre gettonatissimo. Titolo di fantasia: «Yulia». Un cortometraggio che, prometteva il membro, «cambierà per sempre i rapporti diplomatici tra le nazioni del mondo». Un film duro, anzi per meglio dirla un film hard.
Protagonisti Yulia Timoshenko e il presidente georgiano Mikhail Saakashvili, capo della rivoluzione delle Rose. Dicono che tra i due in passato ci fosse stato qualcosa. Guarda caso due nemici giurati di Mosca. Mitrofanov, uno che si è candidato due volte a sindaco di Mosca e che è stato sottosegretario agli Interni, fa lo spiritoso: «Attenzione però. Nel film sono solo Yulia e Mikhail, niente cognomi, niente riferimenti precisi, niente di niente». Già, perché non si sa mai, qualcuno magari può persino pensare male.
Inutile dire che Yulia nel film mostra il meglio di sé: nella vasca da bagno, a bordo di un elicottero, nella limousine del capo, con un diplomatico nano. A darle corpo all’inizio doveva essere Elena Berkova, ventidue anni, ucraina come lei, diventata la Moana russa dopo il Grande fratello. Ma le hanno minacciato di morte la mamma che vive ancora a Mikolaiv e così a malincuore ha dovuto rinunciare. Poi è stata scelta Elena Bond quasi identica all’originale, capelli castano chiari e treccia contadina, look al quale ha aggiunto di suo camicetta con vista panoramica, tacchi alti e minigonna.
Il film ai russi è piaciuto, come si suol dire, un casino «perché Yulia è il sex symbol della rivoluzione arancione» spiega il produttore Vasily Valov che ha già realizzato Yulia 2 e messo in cantiere Yulia 3. Con un titolo che la dice lunga sui desideri del Cremlino: «Yulia e le erezioni anticipate». Già, e cosa sennò...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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