Così fu distrutto il «sogno di Carzano»

Caro Direttore, novant’anni or sono fallì il «sogno di Carzano». Il fatto, presumo, le sarà noto almeno nei suoi tratti generali: in quell’occasione si avverò l’unico importante e premeditato «tradimento» di militari del multietnico esercito asburgico (un tenente sloveno - il capo della congiura - e quasi una trentina tra sottufficiali e soldati cecoslovacchi) che provarono a organizzare, assieme ai servizi informativi italiani, uno sfondamento a sorpresa in Valsugana. Le linee austriache sul fondovalle avrebbero dovuto essere aperte grazie all’oppio somministrato a un intero battaglione di militari bosniaci con il rancio serale, alla eliminazione delle vedette avanzate, al disinserimento della corrente elettrica dai reticolati della prima linea, al sabotaggio delle comunicazioni telefoniche e infine all’irruzione di colonne celeri italiane (bersaglieri in primis) nel varco iniziale per scardinare, almeno nelle intenzioni, l’intero schieramento austriaco nel Trentino orientale. Il tutto con l’entusiastico consenso e l’interesse di Cadorna. La cosa, è noto, abortì nel sangue nonostante gli italiani avessero ammassato oltre 40mila uomini nell’immediata retrovia per sfruttare lo sfondamento iniziale. L’incertezza dei capi, non convinti delle possibilità tattiche (figuriamoci di quelle strategiche!) e timorosi di assumersi la sia pur minima responsabilità di un fallimento, nonché la scarsa conoscenza del terreno d’operazioni e l’approssimazione della preparazione dell’attacco, fecero sì che un intero battaglione di bersaglieri venisse abbandonato a se stesso oltre le linee avversarie già sfondate. Il reparto, alla fine circondato, rifiutando la resa e resistendo ad oltranza venne letteralmente distrutto: meno di trenta ufficiali e soldati di quel battaglione rientrarono nelle linee italiane, mentre le perdite ammontarono a quasi 1.200 uomini (quasi 400 i morti, oltre 250 i feriti e oltre 500 i prigionieri). La storia del cosiddetto «sogno di Carzano» venne rievocata nel libro del gen.

Cesare Pettorelli Lalatta (L’occasione perduta - Carzano 1917 - Mursia 1967) di ormai difficile reperimento. Lei ne potrà trovare la ricostruzione concisa nel libro che pubblicai nel ’95: 1915-1918 La lunga trincea, da pag. 416 a pag 435).

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