«Così ho tentato di strapparlo alla depressione»

Ivano Fanini è il patron dell’Amore&Vita Mc Donald’s, l’uomo che ha tentato di salvare Valentino Fois con il ciclismo: «Avevo letto di quella bravata fatta lo scorso mese di settembre, quando fu trovato con le mani nel sacco a rubare in una redazione di un giornale. Sapevo del suo dramma, della sua tossicodipendenza, della sua depressione, avevo pensato che se l’avessi portato via da Bergamo, l’avrei salvato».
Aveva fatto una scommessa con lui?…
«E l’ho persa. Ma la cosa che più mi dispera è che ho perso un ragazzo adorabile. Testone, cocciuto, chiacchierone, spavaldo e presuntuoso come pochi, ma estremamente sensibile e intelligente. Per me era ormai diventato come un figlio».
Chi le ha dato la notizia?
«Mamma Maria, ieri mattina. Mi ha chiamato e mi sono sentito morire anch’io. Mi ha detto che l’aveva visto sereno e tranquillo come da tempo non le capitava di vederlo. La sera della sua morte era uscito con amici. Mi ha detto che era rincasato alle prime luci dell’alba. Poi, attorno alle sei di mattina l’aveva sentito delirare, così ha deciso di chiamare suo cognato e poco dopo la situazione è tornata sotto controllo. Attorno alle otto, si è accorta che era morto».
Da quanto Valentino non tornava a Bergamo?
«Erano mesi. Noi ci eravamo visti a ottobre, per guardarci negli occhi, per decidere cosa fare assieme del nostro futuro. Gli avevo parlato molto chiaramente: si volta pagina. È stato un po’ con noi in Toscana, poi è andato in Spagna da Pavel Tonkov, ex corridore e amico. Lì ci è restato un mese e mezzo.

È tornato da noi a fine gennaio e da quel momento si è aggregato alla squadra».
Questa storia c’entra con il ciclismo?
«Non c’entra assolutamente niente. Questa è una storia di un ragazzo che amava il ciclismo ma è morto come tanti suoi coetanei per il mal di vivere».

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