Così «l’autopsia» sul pc fornirà indizi utili

Il computer di Alberto Stasi può ancora dire la sua verità, anche se qualche investigatore dovesse averlo acceso (è stata fatta una copia dei file della tesi, chiesta dallo stesso Alberto) senza usare tutte le cautele previste dalla «computer forensics» la criminologia «informatica» che soprattutto negli Stati Uniti è una disciplina ormai ben codificata. Per accertare se e quanto il fidanzato di Chiara abbia lavorato su quel pc la mattina del delitto servirà però una sorta di «autopsia», eseguita davanti a un giudice e ai legali dell’indagato, e seguendo regole ben precise.
«Innanzitutto - spiega Gerardo Costabile, esperto di computer forensics - bisognerà fare una copia dell’hard disk, perché gli accertamenti non vanno mai eseguiti sull’originale». Per evitare ogni contaminazione delle prove, si usa in genere un dispositivo fisico, una «scatoletta» che si frappone tra il computer dell’investigatore e quello da esaminare, che impedisce modifiche anche involontarie delle prove. Quindi si procederà alla ricostruzione della «timeline», cioè una dettagliata scansione di ogni operazione effettuata dal computer su ciascun file. «Ci sono alcuni software specializzati, come Encase o Ftk - spiega ancora Costabile - che sono in grado di effettuare un’analisi a 360 gradi, indossando una sorta di “guanto informatico”: si accede al pc senza modificare le prove e si acquisiscono tutte le informazioni necessarie».

Se ad esempio Stasi ha scritto la sua tesi usando il più diffuso software di scrittura per computer, potrebbero emergere elementi interessanti, come gli eventuali salvataggi che il programma esegue in automatico se viene lasciato acceso ma non usato (come potrebbe fare chi volesse tentare di precostituirsi un alibi).

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