Così è un pranzo da Re (non solo a Natale)

Eleonora Barbieri

In principio c'è il brodo, che però non si chiama prosaicamente brodo, bensì bouillon, eau, coulis ... fino al più elaborato potage. Perché di cucina francese si parla, cucina da Grand Siècle, secolo di sfarzo e di sovrani assoluti, come il quasi immortale Re Sole: tavole che ogni giorno ospitano un pranzo esagerato, lussuoso, goloso. Insomma natalizio. Ma anche quei fastosi diner e souper da lì iniziano: dal brodo, proprio come i nostri. Quindi nel saggio di Francesca Sgorbati Bosi, A tavola coi re (Sellerio), si può trovare ispirazione per le nostre abbuffate - che forse sembreranno meno abbuffate, visto che alla corte di Francia si servivano anche cinquanta portate. E non tanto per le singole ricette, assai complicate e un po' pesanti (anche se ci sono, e straordinarie, dal potage di tartaruga ai beignets di midollo, fino alla crème de fraises adorata da Maria Antonietta); quanto per capire da dove arrivino certe nostre abitudini e inclinazioni.

Laggiù, alla corte del Re Sole e fino alla Rivoluzione (tempi di magro...), nasce la nouvelle cuisine, di cui l'alfiere è Menon, autore di un bestseller (già allora) sul cibo borghese (La cuisinière bourgeoise) che spiega come mangiare bene e sano (già allora) e soprattutto fissa per sempre l'idea che la cucina sia un'arte: chimica e creatività (già allora, sì...). E poi: la passione per frutta e verdura di Luigi XIV, che sdogana pesche, pere, meloni e fichi come prelibatezze, come nella fantasmagorica collation del luglio 1668; la passione per il cibo di Filippo d'Orléans e di Luigi XV, che spesso cucinano per ospiti e amici; il debole di Maria Antonietta per il caffellatte, i panini e le fragole (più che per le brioche); l'attenzione per i prodotti locali (già allora...); i pasti consumati con le mani, en grand couvert (cioè in pubblico), sotto gli occhi di nobili e popolani accorsi a osservare il sovrano, in particolare Luigi XV la cui abilità nello spaccare le uova à la coque è leggendaria... E ancora, una varietà di carni da fare impazzire i vegani, composte, dolci al cioccolato (sulle cui proprietà si disquisisce molto, già allora...

); e poi champagne, ostriche, tartufi e foie gras come fosse un Natale da re (e regine) e il nuovo modo di servire, «alla russa», portato a Parigi dal principe Borissovitch Kourakin, ambasciatore dello zar Alessandro I, che prevede di portare i singoli piatti in tavola secondo un ordine rigoroso (prima si servivano tutte le portate intere, insieme). Cioè come facciamo ancora oggi, canonizzati da quella cena del 1810... Buon appetito, ça va sans dire.

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