La presidenza della Conferenza Episcopale Italiana non era così autorevole quando Camillo Ruini ne diventò presidente. Ed erano tempi difficili. L'Italia è un Paese chiave per il Papato romano, è il luogo storico in cui si è esercitata l'autorità ed il potere del vescovo di Roma sulla Chiesa universale. Tale autorità, appunto perché è universale e perché è un'autorità, ha anche inevitabilmente conseguenze politiche. E pensare un Papato spoglio della sua autorità politica in Italia vorrebbe dire non riconoscere al Papato quello che storicamente è. Quando i bersaglieri entrarono a Porta Pia e il Papa divenne formalmente suddito del Regno d'Italia che garantiva la sua libertà con una propria legge, si creò un problema storico. Il Papato poteva reggere solo se la Chiesa italiana avesse sostenuto un conflitto con lo Stato. E quando esso si concluse con il Trattato lateranense, Pio XI pose come condizione che venisse riconosciuto il vincolo concordatario dello Stato con la Chiesa.
L'unità dei cattolici attorno alla Dc fu un provvedimento eccezionale, che non si ripeté in alcun altro Paese. Questo vincolo politico dell'Italia alla sede papale era espressa in questa forma di vincolo politico dei cattolici in un solo partito, la Democrazia cristiana. Ruini dovette governare il tempo in cui finiva drammaticamente la Dc: e dovette governarlo quando si poneva la possibilità che la transizione fosse governata dai Ds, cioè dal partito postcomunista, e dalle correnti democristiane ad esso associate. La svolta conciliare aveva orientato la Chiesa italiana verso l'opzione per i poveri e contro il consumismo occidentale. Queste ragioni creavano un vincolo obiettivo tra mondo cattolico e linguaggio della sinistra. Berlusconi era colui che aveva, con la televisione commerciale, contribuito alla secolarizzazione del costume mediante le immagini dei corpi. Vi erano tutte le condizioni perché l'egemonia postcomunista si ponesse in pieno risalto. E invece venne Berlusconi.
Certamente vi è un cattolicesimo senza linguaggio che non si riconosceva nell'egemonia della sinistra e comprendeva che la vittoria di Occhetto e di Martinazzoli avrebbe significato un processo continuo ai gruppi dirigenti democristiani: e che infine il Paese più legato al Papato sarebbe stato governato da ex dirigenti del partito comunista. Berlusconi fu votato dai cattolici senza appoggio diretto. Ma in quel voto si riconobbe una Chiesa diversa da quella che guardava con ammirazione l'arcivescovo di Milano e si preparava a raccogliere la nuova situazione. Ci fu a questo punto un processo sotterraneo nel mondo cattolico che non ebbe grande visibilità. Ma in questo lavoro sotterraneo si formò un mondo cattolico che non si riconosceva a sinistra e quindi guardava al centrodestra. Camillo Ruini fece il miracolo di riunire attorno alla carismatica figura di Giovanni Paolo II e organizzare una sua area. Il progetto culturale fu in realtà uno schieramento nella Chiesa che accettava il dialogo con il pensiero contemporaneo ma non riteneva che da esso dovesse divenire l'egemonia postcomunista della politica italiana. Poté contare sulle congregazioni romane e soprattutto in quelle dei vescovi. Ma il suo merito fu quello di definire l'unità culturale autonoma dei cattolici e che essa era espressa in altre formule che non la teologia della liberazione e i suoi derivati. In questo modo egli rompeva con il gruppo di Bologna di don Giuseppe Dossetti che era l'autore del tema della Chiesa dei poveri e della riduzione dell'autorità papale sulla Chiesa. La povertà voluta dai dossettiani era la povertà del Papato.
Il vero compromesso ed il vero problema non era dato dalla teologia politica ma da un dialogo della Chiesa con i problemi montanti della scienza e della tecnica. Il marxismo apparteneva al ventesimo secolo, la tecnologia era un altro mondo e aveva senso e radici nei popoli che costituivano ciò che si poteva chiamare Occidente. Questa posizione culturale è ora divenuta dominante. E se la politica italiana non è più organizzabile come fatto culturale sotto l'egemonia della sinistra, lo si deve a Camillo Ruini. Egli è riuscito a muoversi senza manifesti di programmazioni ideologiche ma solo con l'equilibrata analisi della libertà, usando l'analisi del reale contro le narrazioni del mito pauperista. Egli riuscì così a portare fuori la Chiesa italiana dal modello dossettiano della Chiesa dei poveri e fare una Chiesa contemporanea della tecnica e della scienza, quindi dell'Occidente, in cui la scienza e la tecnica hanno manifestato la loro realtà.
Se oggi esiste in Italia la Casa delle libertà, se l'opera di Berlusconi ha avuto esito, essa è a un tempo la conseguenza e la causa dell'opera di Ruini.
Il cardinale ha saputo creare una linea cattolica sui problemi della scienza, della vita, della tradizione: è questa la vera unità dei cattolici di cui egli solo conosce il segreto. La sua arte sarà un sostegno al proprio successore, Angelo Bagnasco, soprattutto ora che il maestro dell'opera di questa linea occidentale è Papa Benedetto XVI. bagetbozzo@ragionpolitica.it
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