«Così si aggira l’articolo 18 È una norma buona per Cuba»

RomaRaffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, lei si oppone al contratto unico proposto dal Partito democratico. È raro vedere un sindacato contro una proposta della sinistra. Cosa è successo?
«Francamente chi propone per legge il contratto unico non lo capisco. Anche perché tra i loro nomi ci sono quelli dei più accesi oppositori dell’arbitrato, che secondo loro sarebbe la fine dell’articolo 18. E, insieme a loro, ho visto qualcuno che, magari venendo da posizioni più riformiste, è stato zitto mentre questo fantasma cresceva a dismisura. Atteggiamenti che si spiegano solo con la vis polemica da campagna elettorale».
Cosa c’entra l’articolo 18?
«Che queste persone di cui ho parlato, hanno messo in piedi un’iniziativa legislativa che porta proprio ad aggirare l’articolo 18 che loro dicevano di volere difendere».
Secondo il Pd il contratto unico introdurrà flessibilità in entrata, aiuterà i giovani a trovare lavoro e garantirà diritti agli altri. Non è vero?
«Secondo la legge, nel primo triennio di rapporto di lavoro si può licenziare il dipendente, con la sola eccezione dei casi di discriminazione, ad esempio la religione, le preferenze sessuali o quelle politiche. Ed è prevista una compensazione economica per chi viene licenziato. Così si aggira l’articolo 18 per milioni di persone».
Dopo tre anni, però, scattano le tutele...
«Secondo la legge le aziende al compimento del terzo anno possono mandare a casa il dipendente prevedendo solo una compensazione monetaria. Poi, dopo un semestre, lo possono riassumere. Non un c’è limite».
Già succede con i contratti a termine, o no?
«No, i contratti a termine, così come tutti i rapporti di lavoro, penso all’apprendistato, che sono passati da un accordo tra sindacati e associazioni delle imprese, prevedono precisi diritti. Ci sono limiti alla reiterazione dei contratti a termine. Dopo un certo tempo o dopo un certo numero di rinnovi, c’è l’assunzione».
La proposta del Pd, quindi, dà ai lavoratori meno diritti sia rispetto al sistema in vigore, sia in confronto alle novità introdotte dal governo di centrodestra?
«Se passasse la proposta di legge, i lavoratori si ritroverebbero in una giungla di ricatti».
E dire che i firmatari vengono dal mondo del lavoro. Ci sono anche i sindacalisti.
«Lo strabismo è tipico della politica. Si può dire tutto e il proprio contrario; lo scontro avviene su logiche che sono lontanissime da quelle dei lavoratori e delle imprese. Per questo noi vogliamo che il legislatore stia il più lontano possibile da questi temi».
A parte i tre anni flessibili, ci sono altre cose della legge che non le piacciono?
«C’è un altro aspetto che è forse peggiore: l’istituzione di un salario minimo nazionale. Come a Cuba».
Il governo decide la paga?
«Sì. E non è solo una cosa astratta e di difficile applicazione. È un colpo all’autonomia delle parti. Così torniamo indietro alla Camera dei fasci e delle corporazioni che stabiliva tutto; ci avviciniamo alla Cina e ai paesi dove non ci sono liberi sindacati e associazioni delle imprese».
I sostenitori del contratto unico dicono che è una misura a favore dell’equità tra generazioni. Non potrebbe diventare uno strumento utile a ridurre le distanze tra precari e garantiti?
«Con il contratto unico diventiamo tutti precari. Non è abbassando le tutele a chi oggi ha il contratto a tempo indeterminato che si risolve il problema di tutti gli altri».
Voi però difendete l’arbitrato. Volete affidare tutte le controversie di lavoro ad una trattativa privata? Sinistra e Cgil hanno parlato di ricatto ai neoassunti...
«Ventisette associazioni imprenditoriali e sindacali si sono trovate da subito d’accordo nel dire che nessuno avrebbe usato la clausola compromissoria (la rinuncia alla giustizia ordinaria in caso di controversia sul licenziamento). Gli imprenditori non hanno esitato un secondo. Non c’era nessun disegno teso a colpire l’articolo 18».
Resta convinto che l’arbitrato sia utile?
«Certo. Avere uno strumento di questo genere aiuterà innanzitutto i lavoratori che avranno un’opzione in più per fare valere i propri diritti, in tempi brevi e con costi inferiori. Poi aiuterà la giustizia».
In che modo?
«Alleggerirà l’enorme mole di contenzioso sul lavoro.

Per la maggior parte sono cose di poco conto, ma che bloccano i tribunali e che possono essere risolte da un arbitro. Magari potrà servire a stimolare la riorganizzazione della giustizia, che potrà anche usare il sistema sussidiario come benchmark».

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