"Così si vive da poligami a Milano"

L’associazione donne arabe d’Italia: "Nel capoluogo lombardo si moltiplicano i casi di poligamia". La deputata italo-marocchina Sbai: "In Italia ci sono 14mila matrimoni multipli". Io e l'altra sotto lo stesso tetto

"Così si vive da poligami a Milano"

Milano - Chi pensa agli harem ha letto troppe favole. Queste donne, invece, raccontano degli incubi. L’incubo di vivere da poligame a Milano. Due o tre mogli sotto lo stesso tetto. Nei 50 metri quadrati di un appartamento di periferia. Dopo unioni clandestine celebrate in ossequio a un islam orecchiato e distorto. «La cosa incredibile - dice la presidente dell’Associazione delle donne marocchine in Italia, Souad Sbai - è che il matrimonio per l’islam non è un sacramento ma un contratto. Qui lo hanno trasformato in un fatto religioso. In Marocco e in molti altri Paesi la poligamia è proibita. Qui usano il matrimonio orfi, temporaneo, poi ripudiano le donne».

A Milano invece i casi del genere sono decine, forse centinaia. Sono le associazioni per i diritti delle donne a denunciarlo: «Solo noi ne seguiamo una quindicina - ha detto la presidente delle Donne arabe d’Italia Dounia Ettaib, nel corso di un’audizione in Consiglio comunale - ma credo che si arrivi a centinaia. In genere matrimoni celebrati in moschea». «Qualcuno - attacca ancora la Ettaib - qui in Italia sostiene addirittura che questa sorta di famiglia allargata giovi ai bambini. Invece nel 100 per cento dei casi si tratta di forme di segregazione e violenza».

A volte i primi matrimoni sono contratti nei Paesi d’origine. E i secondi in Italia. Con qualche raggiro sui nomi. Fatma è stata la prima a uscire allo scoperto, nel febbraio scorso. Ha solo 26 anni, ed è egiziana. Sposata in Egitto e immigrata. «Il marito - il racconto - ha voluto metterla incinta pensando di ottenere per entrambi il permesso di soggiorno. Quando ha capito che era solo per la madre si è sposato con un’italiana di 40 anni come lui, ignara di tutto. Intanto la prima la picchiava». Egiziana anche Rasha. Dopo 10 anni il suo uomo ha incontrato una peruviana. Hanno convissuto 6 anni, coi bambini di entrambe. Altre due donne vivevano in un appartamento di 50 metri in un Comune della provincia. Una in sala e l’altra in camera da letto. Uscivano solo accompagnate dal marito o dal fratello. «I vicini - ricorda Dounia - pensavano a due coppie. Per la legge islamica gli uomini dovrebbero avere rapporti con l’una e con l’altra. Tante carezze a entrambe, ma spesso le prime mi confessano che da anni i loro uomini non le guardano più. Ci sono carichi enormi di sofferenze psicologiche e frustrazioni».

Spesso entrambe le unioni sono celebrate nelle moschee abusive. Ex officine, garage, scantinati in cui qualche imam improvvisato detta legge: separazioni, ripudi e matrimoni. «Non poligamici» dicono loro. «Noi verifichiamo che ci sia il celibato - assicurano - e invitiamo a registrare il matrimonio anche in Comune».

Secondo l’associazione delle donne marocchine i casi in Italia sono moltissimi: «Quattordicimila - la stima della Sbai, che è deputata del Pdl - vicende allucinanti, soprattutto per i bambini. Si deve far capire a queste donne che il matrimonio in moschea non vale. È necessario fare più controlli, e revocare la cittadinanza a chi fa dichiarazioni mendaci».

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