Così le staminali sono un affare per le aziende biotech

Negli Usa Bush ha tagliato i fondi per la ricerca sugli embrioni, ma i singoli Stati hanno aggirato il veto. E la California ha già stanziato tre miliardi di dollari

Mario Sechi

da Roma

È una battaglia delle idee, ma anche una questione di money, denaro. Il referendum che vuole aprire la via italiana alla ricerca sulle cellule staminali embrionali avrà conseguenze immediate sulla medicina, ma anche sulle quotazioni e le prospettive di mercato delle aziende biotech. Italiane ed estere. Questo argomento non trova spazio nel dibattito perché nella battaglia referendaria per la conquista del cuore e della mente degli elettori parlare di cure e affari è politicamente sconveniente. Meglio disquisire di alti valori e sorvolare sulla cassa.
Ernst & Young ha pubblicato qualche giorno fa il suo rapporto annuale sul mercato mondiale delle biotecnologie: il passato degli investimenti ad alto rischio sembra allontanarsi rapidamente per lasciare il posto «all’età dell’oro». La ricerca della prestigiosa società di consulenza ha riacceso la speranza di chi desidera la crescita degli indici azionari legati a quella che un tempo era la new economy. Tanto che Business Week, il più autorevole settimanale economico americano, dedica la sua copertina al tema delle biotecnologie con un titolo eloquente: «Biotech, finalmente».
L’era dei futuristici annunci di clonazioni che sembravano fatti ad arte per aumentare le quotazioni sul Nasdaq è tramontata. La ricerca ha indubbiamente fatto passi da gigante, sono in circolazione 230 farmaci che derivano dalla ricerca biotech, ma il vero impulso al mercato secondo gli esperti arriverà proprio dalle cellule staminali. Adulte e, soprattutto, embrionali. La ricerca sulle staminali adulte negli Stati Uniti avrà un futuro nella cura di uomini e donne colpiti da infarto, le cellule servono per riparare i tessuti danneggiati. «Gli scienziati hanno ancora molto da imparare su come lavorano le cellule staminali adulte - scrive Business Week - ma il must è la ricerca sulla cellule embrionali». Di fronte al problema etico sull’uso dell’embrione per la ricerca, il presidente George W. Bush ha posto il veto per la concessione di fondi federali. Un ostacolo che i singoli Stati aggirano facilmente sull’onda del business. La California - non a caso ex terra promessa della new economy - ha stanziato 3 miliardi di dollari per la ricerca sulle cellule staminali embrionali per i prossimi dieci anni, il Connecticut si è accontentato di un miliardo di dollari.
Questioni solo etiche? Le multinazionali americane hanno ripreso a investire nel settore, tanto che Big Pharma - uno dei giganti dell’industria farmaceutica tradizionale - «ora è entusiasta di partecipare al gioco». Quale gioco? Quello di allearsi o acquisire aziende del settore biotech. Un gioco che serve a non perdere posizioni rispetto alla concorrenza che in questi anni ha puntato sulla ricerca e sviluppo ai limiti dell’umano. Ciò che accade negli Stati Uniti non fa parte di uno scenario remoto. L’apertura sulle staminali embrionali in un Paese importante come l’Italia farà da moltiplicatore. I titani del settore si stanno muovendo e le società di venture capital tastano il polso al mercato. Felpatamente, con discrezione, stando attenti a non far rumore perché la cristalleria dell’opinione pubblica è preziosa. E i loro passi non restano confinati agli Stati Uniti, il mercato è più che mai globale. Tra i nomi di aziende come Becton, Dickinson & Co., Invitrogen Corp., Johnson & Johnson (che ha recentemente investito nella Novocell, società che conta di curare il diabete facendo ricerca sulle staminali), General Electric e Novartis, ce ne sono alcuni che suonano familiari agli italiani che domenica e lunedì decideranno se andare a votare o astenersi in un referendum che sarà uno spartiacque per il Paese.
La questione etica è delicatissima anche per le industrie farmaceutiche americane. Tanto che la Eli Lilly & Co. si è premurata di far sapere che non usa cellule embrionali e la sua politica sulle staminali prevede che «saranno usate solo dopo una diligente e documentata ricerca». Stessa musica per la Baxter International che prudentemente informa il pubblico di non usare cellule embrionali. Non si tratta di semplici precisazioni, ma del sismografo del problema etico. È vero che l’opinione pubblica americana è in gran parte favorevole alla ricerca sulle staminali, ma un sondaggio pubblicato ieri dal Wall Street Journal mostra una evidente erosione del consenso sull’uso delle cellule staminali embrionali.

Gli Stati Uniti oggi rappresentano il 78 per cento del fatturato globale del biotech, ma secondo Ernst & Young «ci sarà una crescita al di fuori degli Stati Uniti e i Paesi che si apriranno alla ricerca sulle staminali ne beneficeranno». Lunedì sapremo se in questa corsa al profitto ci sarà anche l’Italia.
mario.sechi@ilgiornale.it

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