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Così Teheran ora ricatta l’Unione europea e l’Italia

Un documento del Parlamento propone di far leva sull’alto interscambio commerciale per bloccare le resistenze dell’Ue nei negoziati sul nucleare

Marta Ottaviani

«La presenza attiva e ampia dei Paesi europei in Iran è la carta vincente che i negoziatori iraniani devono presentare ai loro avversari durante le trattative relative alle nostre attività nucleari».
È solo un passo di un documento che circola in questi giorni negli ambienti conservatori di Teheran e che è stato reso noto dall’Adnkronos International. Lo studio sarebbe stato preparato da un centro studi del Majljs, il Parlamento iraniano. L’aspetto più preoccupante è che dovrebbe costituire la base della politica estera del nuovo governo di Ahmadinejad.
Nell’introduzione si legge: «I nostri diplomatici e tutti i ministri che saranno impegnati nelle trattative con gli europei in Iran, non solo non devono temere le minacce di eventuali rinvii al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma devono assumere un atteggiamento offensivo e difendere a testa alta gli interessi vitali del Paese».
Frasi che suonano come un ricatto in piena regola. Secondo il documento, il volume di interscambio economico e commerciale fra la Repubblica islamica e i 25 Paesi membri dell’Unione Europea ammonta a 20 miliardi di euro. «Paesi europei come la Gran Bretagna, la Francia, la Norvegia e l’Italia hanno una presenza talmente estesa nell’economia iraniana e i loro interessi sono di tali dimensioni che non potranno rinunciarvi aderendo a eventuali azioni ostili nei nostri confronti». Non solo. Secondo gli autori del documento, ai 20 miliardi di euro, si devono aggiungere altri 17 miliardi di dollari di debiti della Repubblica islamica nei confronti delle maggiori banche europee. Debiti che in caso di una crisi nelle relazioni fra Iran e Vecchio Continente potrebbero anche essere congelati.
Se non è una tenaglia, poco ci manca. Soprattutto per l’Italia. Il nostro Paese, al momento, è il maggior partner economico di Teheran, seguito da Germania e Francia. «Nel 2004 - continua il documento - l’interscambio fra Italia e Iran ha raggiunto i 4 miliardi di euro». Cifre enormi: le esportazioni iraniane di gas e petrolio hanno superato 2,1 miliardi di euro, mentre le importazioni dall’Italia sono pari a 1,9 miliardi di euro. Importi destinati ad aumentare nei prossimi anni, con l’inaugurazione di due gasdotti che attraverso la Turchia e l’Ucraina collegheranno i giacimenti iraniani con le maggiori città europee.
Ma l’Europa rischia di dover dipendere da Teheran anche per quanto riguarda l’industria automobilistica. Nella Repubblica islamica, infatti, sono prodotti 4 modelli della Peugeot Citroën e cinque modelli della Renault. Nei prossimi mesi il modello francese verrà seguito anche dalle tedesche Volskwagen e Mercedes, nonché dall’italiana Fiat.


A gettare benzina sul fuoco, espressione quanto mai appropriata, ci si è messo anche il presidente Ahmadinejad, che nel suo programma di governo ha scritto: «Bisogna migliorare i rapporti economici commerciali e tecnologici con i Paesi che non hanno posizioni politiche contrarie ai principi della Repubblica islamica e rafforzare le relazioni economiche solo con Paesi che non assumono posizioni offensive nei confronti dell’Iran».

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