da Milano
La Corte Costituzionale deposita la sentenza con cui ha dichiarato la legittimità delle azioni risarcitorie promosse da Parmalat nei confronti delle banche e il titolo della società guidata da Enrico Bondi guadagna il 2,23% in Borsa.
Il legame tra i due eventi potrebbe sembrare a prima vista arbitrario, visto che la decisione della Consulta era già nota dai primi di aprile, ma il mercato temeva di trovare nella motivazione degli appigli utilizzabili dalle banche in sede processuale. E invece per gli istituti di credito gli spiragli sembrano davvero stretti.
La Consulta «promuove» il decreto Marzano sulla ristrutturazione di grandi imprese in crisi e boccia ogni questione di incostituzionalità: le norme non violano né larticolo 3 della Costituzione, che stabilisce luguaglianza tra i cittadini, né larticolo 41 relativo alla libertà dellimpresa economica. Nella sentenza di 31 pagine, stilata dai due relatori Giuseppe Tesauro e Romano Vaccarella, si stabilisce che il principio di uguaglianza tra imprese in difficoltà è rispettato in quanto lazione revocatoria è prevista sia dalla legge fallimentare, sia dalla Prodi bis del 1999. Secondo i giudici «deve escludersi» che la legge Marzano «abbia attribuito allazione revocatoria, in spregio alle sue funzioni recuperatoria e redistributiva, il compito di consentire all'imprenditore insolvente di ristrutturare limpresa a spese dei terzi assoggettati».
Già in mattinata, prima che venisse reso noto il testo della motivazione della Corte costituzionale, il titolo Parmalat aveva aperto in rialzo. A pesare erano le dichiarazioni rilasciate ieri da Vittorio Ripa di Meana, presidente del patto di Capitalia, nel corso dellassemblea dei soci dellistituto. Ripa di Meana aveva rivelato che la richiesta di risarcimento danni formulata da Bondi nei confronti di Banca di Roma è di 4,5 miliardi di euro.
La cifra è compresa nel dato generale che Parmalat ha da sempre comunicato al mercato (in tutto Bondi ha promosso azioni revocatorie per circa 7,5 miliardi e azioni risarcitorie per 13,2). A non essere noto era invece il peso, decisamente rilevante, sul totale delle richieste promosse contro Banca di Roma.
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