La Costituzione non è sinonimo di «democrazia»

Caro Granzotto, mi spiega perché ogni volta che vi si richiama si deve aggiungere l’aggettivo «democratica» alla nostra Costituzione? Darsi una Costituzione già significa essere democratici e quindi quella adottata non può che esserlo. Io non ho mai sentito parlare di Costituzioni non democratiche, a meno che non lo fosse quella dell’Unione Sovietica, più comunista che democratica. Lei cosa ne dice?
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Fa chic, caro Maggi, richiamarsi ogni due per tre alla democrazia dando così a vedere che il «sincero democratico» non allenta mai la vigilanza. Tale e quale il personaggio di Buzzati, quel Giovanni Drogo che montava la guardia alla Fortezza Bastiani. Lì, fermo, nell’inane attesa di scorgere al limite estremo del deserto dei Tartari un qualche «rigurgito fascista» contro il quale scagliare, se solo s’avvicina, la Costituzione democratica. Così impara a farsi sotto. Che poi quella sia un’arma efficace, è tutto da vedere: le costituzioni sono opera dell’uomo e per la precisione dell’homo politicus, non di entità soprannaturali scese in terra a miracol mostrare. Tant’è - si ricreda, caro Maggi - che così come da un regime antidemocratico può sortire una costituzione democratica, una costituzione democratica non garantisce necessariamente la democraticità del regime. Prendiamo proprio a campione la Costituzione o Legge Fondamentale dell’Unione Sovietica, quella classica del 1936. Da un punto di vista democratico comincia male perché subito, all’articolo due, vi appare un vocabolo, «dittatura» («La base politica dell’Urss è costituita dai Soviet dei deputati dei lavoratori, sviluppatisi e consolidatisi in seguito all’abbattimento del potere dei proprietari fondiari e dei capitalisti e alla conquista della dittatura del proletariato») che col concetto di democrazia poco va d’accordo. Ma si riprende subito sciorinando una serie di valori e di princìpi, di libertà e di diritti che stanno alla democrazia come il rum sta al babà. Libere elezioni; all’imputato è assicurato il diritto di difesa; i giudici sono indipendenti e soggetti soltanto alla legge; l’uguaglianza dei diritti dei cittadini è legge irrevocabile; la libertà di praticare i culti religiosi è riconosciuta a tutti i cittadini; in conformità agli interessi dei lavoratori è garantita per legge la libertà di parola, di stampa, di riunione, di cortei e dimostrazioni di strada; i lavoratori hanno il diritto di unirsi in sindacati; è assicurata l’inviolabilità della persona; l’inviolabilità del domicilio e il segreto epistolare sono tutelati dalla legge...
E ora mi dica lei, caro Maggi, se uno solo dei diritti costituzionali che ho citato - uno solo, ripeto - sia mai stato nei fatti esercitato da un cittadino sovietico (escludendo, ovviamente, la nomenclatura, quella sì che se la godeva, sebbene sempre a rischio di purghe). Quella dell’Urss, dunque, è il tipico caso di una Costituzione democratica che non produce democrazia, ma dispotismo, tirannia. Per paradossale che possa sembrare, accade che proprio la mancanza di una Costituzione scritta possa rivelarsi invece un buon viatico al sistema democratico. È il caso dell’Inghilterra che non possiede una Costituzione formale (la cosa che più le si avvicina è il Bill of Rights emanato nel 1689, al termine della Gloriosa Rivoluzione. Ma mirava più a limitare i poteri della Corona che a concedere diritti ai sudditi). Ciò nonostante è lì, Oltremanica, che a preso forma la struttura democratica dello Stato, formula poi esportata in tutto il mondo. Insomma, caro Maggi, quel che conta è crederci, nella Costituzione (e bene fa Giorgio Napolitano a ricordarcelo) e non semplicemente agitarla ogni due per tre.

Credere, a esempio, che le leggi le fa il Parlamento (articolo 70) e la magistratura amministra la giustizia (articolo 101) senza che abbia riconosciuto il compito di intervenire con pressioni, giudizi, critiche o apprezzamenti sull’attività delle Camere. Insomma, stabilita e codificata la divisione dei poteri, a ciascuno il suo. Sempre che si creda davvero nella Costituzione.

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