Cota sarà un lumbard ma ha un’eleganza che è tutta piemontese

Caro Granzotto, lasci esprimere le preoccupazioni di una famiglia di elettori del centrodestra - io, mia moglie e i nostri due figli - a qualche giorno dal voto regionale. Preoccupazioni e dubbi sono sul «nostro» candidato alla guida della Regione Piemonte e cioè il leghista Roberto Cota. Cosa vuole che le dica, non lo sentiamo «nostro». È sì piemontese, di Novara mi pare, ma appartiene a uno schieramento che trova l’identità in una Padania a noi estranea e a noi ostile. Riconosciamo a Cota preparazione e cultura, ma lo sentiamo come un corpo non necessariamente ostile ma estraneo a quella che è invece la nostra identità piemontese. Naturalmente per nessuna ragione al mondo voteremmo Bresso, ma allora cosa ci resta se non l’astensione?
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Capisco (ma non giustifico) le sue perplessità, caro Ferrero, le stesse che serpeggiano in un certo ambiente liberale e sulle quali Mercedes Bresso è balzata a piè pari lanciando rozze parole d’ordine quali «No al lumbard», «Fuori il leghista dalla nostra regione», «Mai sudditi della Padania». La candidata rossa cerca così di far leva su quella particolare inclinazione al culto della piemontesità operosa, discreta e che tiene al decoro, un occhio all’allure militaresca - schiena dritta, il dovere innanzi tutto - e l’altro al galantomismo sabaudo assennato e benevolo. E sul conseguente timore che tutto ciò possa essere sprezzato se non avversato da un rozzo «lumbard». Eppure, a essere «lumbard» nei modi caricaturali forse propri del primo leghismo, non certo di questo leghismo, è Mercedes Bresso. Cota, al contrario, per compostezza, per i toni misurati e il tratto civile sembra uscito dall’Accademia militare di Pinerolo e cresciuto entro le mura del Circolo del Whist. Non certo lui, ma la Bresso fa sfoggio di insolenza caporalesca, di quell’uso volgare e tracotante del potere di comando che è proprio della sinistra di matrice comunista. Si capisce a distanza che la sua è una battaglia non per restare alla guida e dunque governare il Piemonte, ma per la poltrona. La sua poltrona di «zarina», nomignolo nel quale giustamente ella si riconosce, andandone fiera. Non c’è ideologia, non c’è cultura, non c’è grammatica politica che animi la sua isterica aspirazione al comando. Pronta a qualsiasi compromesso pur di restare in sella non ci ha pensato due volte ad allearsi con Casini, cioè con la parte culturalmente più ostile al bressismo smantellatore dei valori della famiglia e paladino dell’aborto a go-go, declassando la vita a incidente di percorso, a foruncolo da scacchiare (E Casini? Capace non solo di vendere la propria coscienza per un paio di assessorati, ma anche di gettarla nel bidone della spazzatura affermando, per compiacere il nuovo padrone, «l’identità cristiana ha formato persone come me e come la Bresso». Repellente).
E lei, caro Ferrero, vuole regalare il voto al quella Bresso e a quel Casini? Astenendosi, è il cadeau che farebbe loro. Negando, quel che è ancor peggio, il consenso a chi lo merita in pieno. I leghisti dispongono di un eccellente personale politico: i loro ministri, i loro amministratori comunali, provinciali e regionali hanno sempre ben meritato, distinguendosi per la cura del bene pubblico. Roberto Cota è uno di questi: lo ha sentito? Lo ha letto? Non lancia slogan o parole d’ordine di facile presa, non arringa come fa la Bresso. Ricorda, caso mai, che l’impegno primario di un Governatore è la sanità, non la bressiana mondializzazione della bagna cauda. O fasti del resuscitato Premio Grinzane.

Voi piemontesi quello siete chiamati a eleggere, caro Ferrero: un Governatore, non un politicante che della Regione fa il suo centro di potere e il palcoscenico dei suoi scombiccherati balletti. «Lumbard» o non «lumbard» Roberto Cota è l’uomo che fa per voi, l’uomo giusto al posto giusto.

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