Il covo nel palazzo di via Pepe e la città si ritrova «sotto tiro»

Formigoni: «Emerge un quadro preoccupante». Il militante nel mirino: «Sono dei perdenti»

Il covo nel palazzo di via Pepe e la città si ritrova «sotto tiro»

A Milano, in via Guglielmo Pepe 14 c’era il covo dell’organizzazione terroristica. All’università Statale di Milano si erano iscritti due dei quindici arrestati per fare proseliti fra gli studenti. E infine a Milano si incontravano per divulgare volantini e diffondere il foglio clandestino «L’Aurora». Usavano il centro sociale Panetteria Okkupata in via Conte Rosso, uno dei centro più turbolenti dell’area anarco-insurrezionalista, dove trovano asilo militanti con la kefiah, ex appartenenti alla colonna brigatista «Walter Alasia» ed elementi arabo-palestinesi. La città oggi si sveglia più preoccupata. «La maxi operazione anti terrorismo apre risvolti inquietanti e gravi», dice il vicesindaco Riccardo De Corato. Milano era nel mirino. Tra i tanti obiettivi della cellula terroristica anche «esponenti della vecchia destra neofascista milanese quali Pasquale Guaglianone - si legge nell’ordine di custodia cautelare - di cui gli indagati hanno in osservazione la palestra Doria che egli da molto tempo dirige».
Pasquale «Lino» Guaglianone, raggiunto telefonicamente nel suo studio di commercialista, è incredulo. «Non ne sapevo assolutamente nulla. È nel mio dna vivere con attenzione. Ma davvero non mi sono mai accorto di nulla». Un passato da militante dei Nar. Fino all’ultima apparizione sulla scena politica: la sua candidatura per An alla campagna elettorale per le regionali del 2005. «È una storia fuori dal tempo - dice -. Gli anni Settanta sono passati. Non ci sono più tensioni che giustifichino atti di questo genere. Non si rendono conto che il mondo non li segue. Sono dei perdenti». Due degli arrestati avevano discusso di «azioni contro alcuni dirigenti della ex-Breda, ritenuti responsabili della morte di operai per malattie collegate alla presenza dell’amianto, e tra essi Vito Schirone».
«A Milano c’erano già state avvisaglie con il ritrovamento di volantini inneggianti alla ripresa della lotta armata - commenta ancora De Corato -. Forse qualcuno si era illuso che un capitolo tragico della storia d’Italia fosse definitivamente sepolto. Ma questi ulteriori sviluppi ci inducono a pensare che la morte di D’Antona e Biagi non erano stati casi a sé stanti».


«Il quadro che emerge è grave e preoccupante - dice il presidente della Regione, Roberto Formigoni -. C’è la soddisfazione perché questa rete è stata smascherata, ma la vigilanza e l’attenzione delle forze dell’ordine devono rimanere alte».

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